Cresce la Sicilia dei cammini, con un percorso di bellezza tra storia e natura. Si tratta della Fabaria, la via dell’acqua e della lava, che attraversa 5 province (Agrigento, Caltanissetta, Ragusa, Siracusa e Catania) e 20 comuni.
Fabaria, il nuovo cammino di Sicilia lungo 5 province
La strada sarà ufficialmente aperta al grande pubblico nel 2023: collega l’antica Girgenti, cioè Agrigento, con Catania e l’alta valle del Simeto. Un tragitto tra sentieri, trazzere e strade con poco traffico, che integrano anche la mobilità dolce del treno (qualora ci fossero difficoltà a piedi).
La Fabaria ha origini antiche, che risalgono al 1105. La Sicilia era da una ventina d’anni normanna e nell’odierna Vizzini (Bizini), il barone Achinus concesse un terreno in dono all’abate Ambrogio. Nel testo del lascito emerse una testimonianza della celebre Via Francigena: “Questa terra appartiene nominalmente a Licodia e in questo modo inizia il suo percorso e va lungo la via francigena Fabaria. Dopodiché, prosegue per una cresta montuosa tagliata da un fico selvatico”.
Il percorso
Il cammino, da Agrigento va verso Oriente e unisce strade di epoche diverse. Passa dalla via selinuntina del III secolo d.C., alla via normanna che collegava la costa dell’interno fino a Lentini, in provincia di Siracusa.
Dai castelli di Naro e Ravanusa, in provincia di Agrigento, a Butera (Caltanissetta), i viandanti arrivano a Niscemi e poi passano nella provincia catanese: Caltagirone, Grammichele, Mineo e Militello, fino al capoluogo etneo. Molto affascinante la variante verso i Monti Iblei e le città barocche di Ragusa Ibla e Modica. La via principale della Fabaria è quella del Simeto, lungo il versante ovest dell’Etna.
Il recupero di questo cammino si deve all’associazione Amici dei Cammini Francigeni di Sicilia, con la pubblicazione di una guida per Terre di Mezzo editore.
“La via Fabaria è un viaggio che conduce in un territorio ricco di sapori e tradizioni di un Oriente qui sentito più vicino”, racconta Irene Marraffa, creatrice del cammino insieme a Davide Comunale e Salvatore Balsamo.
“Quando l’abbiamo percorsa per la prima volta l’abbiamo denominata ”la bellezza violata’‘, per sottolineare come il suo incredibile splendore sia stato abusato da opere umane invasive, come il polo petrolchimico di Gela, il Muos di Niscemi, la base aerea di Sigonella. Oltre ai danni dell’alluvione di Licata e la presenza di discariche in prossimità della piana di Lentini-Catania”, continua.
“Ma per fortuna il territorio sta facendo molto per restituire ciò che l’uomo ha sottratto ai paesaggi. Per esempio, Gela ospita anche il più grande museo archeologico di Sicilia dopo Siracusa e Palermo. Una parte fondamentale di questo lavoro nasce dalla consapevolezza degli abitanti, che si sono organizzati anche in comitati di accoglienza per supportare il Cammino: verificano i percorsi, ci aiutano con le ricognizioni, organizzano eventi per far conoscere l’itinerario. Sono loro il motore della rinascita”.
Foto di Davide Mauro – Own work, CC BY-SA 4.0.