Fabrizio Miccoli, chi è l’allenatore ed ex giocatore di calcio. Biografia e carriera: dove è nato, in quali squadre ha militato, come è diventato famoso. Gli anni nelle fila del Palermo, la presenza in Nazionale. Cosa ha fatto, cosa ha detto su Giovanni Falcone, le vicende giudiziarie. Vita privata: chi è la moglie, quanti figli ha.
Fabrizio Miccoli nasce a Nardò, in provincia di Lecce, il 27 giugno del 1979, quindi nel 2023 compie 44 anni. Diviene celebre nel mondo del calcio come attaccante, vestendo le maglie di numerosi club: Casarano, Ternana, Perugia, Juventus, Fiorentina, Benfica, Palermo, Lecce e Birkirkara. È soprannominato Il Romário del Salento e il Pibe di Nardò.
Vince una Supercoppa italiana nel 2003 con la Juventus e una Supercoppa portoghese nel 2005 con il Benfica. Segna oltre 200 reti in carriera, 81 delle quali con il Palermo, squadra di cui è il miglior marcatore di tutti i tempi, il miglior marcatore in Serie A (74 reti) ed il giocatore con più presenze (164) in massima serie. Con la maglia del Perugia è, invece, capocannoniere della Coppa Italia 2002-2003. Dal 2003 al 2004 ha fatto parte della nazionale italiana, totalizzando 10 presenze e 2 reti.
La moglie di Fabrizio Miccoli è Flaviana Perrone: il matrimonio viene celebrato nel 2002 e dal loro legame nascono Swami, nel 2003, e Diego, nel 2008. Il bimbo viene chiamato Diego in onore di Diego Armando Maradona. Miccoli ha un fratello di nome Federico, anch’egli attaccante, acquistato dal Perugia insieme a lui.
Nel mese di settembre del 2009 riceve la cittadinanza onoraria del Comune di Corleone, in provincia di Palermo, per meriti sportivi, ma il riconoscimento gli viene revocato nel luglio del 2013, in seguito ad alcune polemiche scaturite dalle sue dichiarazioni in merito a Giovanni Falcone. All’attività calcistica, Miccoli affianca altre attività imprenditoriali: tra le altre, produce vino e, nel 2010, apre una scuola calcio per bambini a San Donato. È stato testimonial per diversi brand. Oggi si occupa dell’Associazione Sportiva Dilettantistica “Fabrizio Miccoli”.
Nel giugno del 2013 Miccoli riceve un avviso di garanzia dalla procura di Palermo per tentata estorsione, concorso in tentata estorsione ed accesso abusivo a sistema informatico. In questo contesto, alcune intercettazioni telefoniche rivelano insulti al giudice Giovanni Falcone, qualificato come “fango” nel corso di alcune conversazioni. Poco dopo l’ex calciatore tiene una conferenza stampa, nelle quale in lacrime si scusa con la città di Palermo. Affida anche al quotidiano La Repubblica una sua lettera idealmente scritta a Falcone.
Durante la stagione 2013-2014, la Procura Federale della FIGC chiede per lui una giornata di squalifica e un’ammenda di 50mila euro, mentre il 27 febbraio 2014 viene prosciolto dalla Commissione disciplinare della Federcalcio. Nell’aprile del 2015 viene indagato con l’accusa di estorsione aggravata. Il tribunale di Palermo lo condanna nell’ottobre del 2017 a 3 anni e 6 mesi di reclusione con rito abbreviato, per estorsione aggravata dal metodo mafioso.
La condanna è confermata in appello nel 2020 e diviene definitiva nel 2021. Il 13 maggio del 2022 il tribunale di sorveglianza di Venezia, accogliendo il ricorso del suo legale, gli concede la misura alternativa dell’affidamento in prova: Miccoli potrà tornare ad occuparsi della sua scuola calcio ma dovrà rientrare a casa prima di mezzanotte e non dovrà frequentare pregiudicati.
“Torna in libertà l’ex capitano del Palermo Fabrizio Miccoli dopo più di sei mesi dal suo arresto. Accogliendo il ricorso del suo legale, il tribunale di sorveglianza gli ha concesso la misura alternativa dell’affidamento in prova. Il calciatore salentino fu condannato in via definitiva a 3 anni e 3 mesi di reclusione con l’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso”, riporta Sky Sport.
Nel mese di luglio del 2022, Miccoli affida al suo account Instagram una lunga lettera nella quale passa in rassegna gli anni trascorsi dopo le vicende giudiziarie:
Dodici anni fa ho fatto un grosso errore. Uno di quelli che ti cambiano la vita. Avevo tutto. Ero il capitano del Palermo, facevo il lavoro che avevo sempre sognato di fare fin da bambino e la gente di Palermo mi faceva sentire a casa. In questi 12 lunghissimi anni ho sempre preferito il silenzio. Ho letto di tutto ma non ho mai replicato.
Quando sei un calciatore in Serie A hai tante attenzioni. Tante persone vogliono un pezzo di te. Tanti ti conoscono ma tu non conosci nessuno. Non sai di chi ti puoi fidare. In realtà ho fatto più di un errore. Il primo grosso errore è stato quello di essere sempre disponibile con tutti. Chi viveva a Palermo in quegli anni… sa. Il secondo errore è stato quello di usare parole sbagliate, parole che non pensavo e mai penserò. Spesso quando sei al top ti senti invincibile… invece sei solo umano.
Ho chiesto scusa tempo fa per quelle parole e lo faccio nuovamente. L’anno scorso è arrivata la sentenza. Sentenza che non ho condiviso perché mi sentivo lontano e sono lontano da quel mondo, ma sentenza che ho rispettato presentandomi spontaneamente il giorno seguente in un carcere di massima sicurezza, sempre per scelta mia, per scontare la mia pena. Un giorno li dentro sembra infinto, 6/7 mesi, un’eternità. La pena più grande l’ho scontata in questi 12 anni, ogni giorno, nel vedermi accostato a un qualcosa che non sono e che non mi appartiene”.