Federico De Roberto, biografia, opere, stile letterario, I Viceré

Federico De Roberto, biografia dello scrittore. Il suo romanzo più celebre è “I Viceré“. La vita e le opere, la poetica, quali sono le caratteristiche dei suoi scritti. Gli anni della formazione e i lunghi periodi trascorsi in Sicilia, a Catania.

Federico De Roberto

Nasce a Napoli, il 16 gennaio del 1861, e muore a Catania, il 26 luglio del 1927, all’età di 66 anni. I genitori erano un ex ufficiale di stato maggiore del Regno delle Due Sicilie, e una nobildonna di origini catanesi, ma nata a Trapani.

Federico De Roberto si trasferisce a Catania con la famiglia nel 1879, quando ha 9 anni. Subisce presto la perita del padre, travolto da un treno sui binari della stazione di Piacenza. Da allora, salvo una lunga parentesi milanese e una più breve a Roma, vive all’ombra della madre, molto gelosa, che lo influenza fortemente.

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Studi e formazione

De Roberto frequenta a Catania l’istituto tecnico “Carlo Gemmellaro” e, nel 1879, si iscrive alla facoltà di Scienze Fisiche, Scienze Matematiche e Naturali dell’Università del capoluogo etneo. Abbandona la formazione scientifica al terzo anno, sempre più propenso verso l’ambito letterario. Allarga dunque la sua cultura al latino e inizia a collaborare con alcune riviste.

L’esordio letterario è datato 1881, con il saggio “Giosuè Carducci e Mario Rapisardi. Polemica”, pubblicato dall’editore Giannotta di Catania. Viene così conosciuto negli ambienti intellettuali per la sua attività di consulente editoriale, critico e giornalista su due settimanali che uscivano a Catania e Roma: il “Don Chisciotte” (di cui è direttore dal 1881 al 1882) e il “Fanfulla della domenica”, sul quale scrive dal 1882 al 1883, con lo pseudonimo di Hamlet.

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L’amicizia con Verga e Capuana

Fonda per Giannotta la collana narrativa dei “Semprevivi” ed ha modo di conoscere Luigi Capuana e Giovanni Verga, stringendo una salda e duratura amicizia con entrambi. Elabora nel 1883 alcuni saggi sulla letteratura naturalista e verista.

De Roberto prosegue la collaborazione con il “Fanfulla della domenica” fino al 1900. Scrive di arte e letteratura, quindi abbandona lo pseudonimo e inizia a firmarsi con il suo vero nome. Viene incaricato, intanto, dal Comune di gestire la Biblioteca Civica ex benedettina di San Nicola l’Arena di Catania: qui trascorre molto tempo.

Durante un soggiorno in Sicilia incontra il critico letterario e scrittore francese Paul Bourget, noto per gli studi psicologici e i romanzi: questo incontro risulta importante per la formazione di De Roberto. È decisivo il trasferimento a Milano nel 1888. Qui viene introdotto da Verga nella cerchia degli Scapigliati e conosce Arrigo Boito, Giuseppe Giacosa e Giovanni Camerana.

A Milano collabora con il Corriere della Sera e pubblica diverse raccolte di novelle. Inizia anche a collaborare con il Giornale di Sicilia nel 1888 e avvia una serie di carteggi con un giovane studente di Giurisprudenza, Ferdinando Di Giorgi. A Milano pubblica le novelle psicologiche “Documenti umani”, edite da Treves, ma anche la trilogia di romanzi sui principi Uzeda di Francalanza.

La trilogia comprende: 

  • L’illusione, pubblicato nel 1891.
  • I Viceré, pubblicato nel 1894.
  • L’Imperio, incompiuto, pubblicato postumo nel 1929.

Oggi “I Vicerè” è il più famoso romanzo di Federico De Roberto ed è considerato un suo capolavoro. Al tempo in cui viene pubblicato, però, è  molto discusso.

Nel maggio del 1897 Federico De Roberto conosce Ernesta Valle, con la quale nasce una intesa amorosa descritta in un intenso carteggio (custodito presso la Biblioteca regionale di Catania). L’incontro avviene nel salotto milanese di casa Borromeo, meta di scrittori, giornalisti ed editori acclamati all’epoca.

Il ritorno a Catania

A causa della forte e possessiva personalità della madre, De Roberto deve fare ritorno a Catania. Il mancato successo de I Vicerè segna profondamente lo scrittore, che si chiude in sé e risiede a Catania fino alla morte, salvo qualche breve viaggio nel continente. Ricopre l’incarico di bibliotecario e vive sostanzialmente appartato e deluso per l’insuccesso della sua opera narrativa.

Nell’estate del 1903 si reca a Zafferana Etnea, dove villeggia anche in seguito, per trovare rimedio ai suoi disturbi neurovegetativi. Nel 1905, su consiglio di Arrigo Boito, va in Svizzera per consultare uno specialista. Si stabilisce nel 1908 per un anno a Roma.

Nel luglio del 1918 viene colpito da una flebite che gli impedisce di camminare ed è costretto a ridurre i viaggi. Due anni dopo, nel 1919, in collaborazione con Verga dà alle stampe un libretto d’opera. Alla morte di Giovanni Verga, nel 1922, riordina in modo accurato le opere dello scrittore e inizia uno studio biografico e critico che, però, rimane interrotto per la prematura morte. Federico De Roberto muore a Catania per un attacco di flebite, il 26 luglio del 1927. È sepolto nel Cimitero monumentale di Catania.

Opere di Federico De Roberto

Dopo il volumetto di poesie “Encelado“, nascono le raccolte di novelle “La sorte del 1887” e “Processi verbali del 1890“. Seguono i romanzi di analisi psicologica “Ermanno Raeli” e “L’illusione”, primo del ciclo dedicato alla famiglia Uzeda, dinastia catanese discendente dai viceré spagnoli.

Nel 1894 i personaggi vengono ripresi ne “I Viceré”, considerato uno dei maggiori romanzi dell’Ottocento italiano: narra la storia della Sicilia post-garibaldina, delineata attraverso le vicende private degli Uzeda di Francalanza. La trama include, in ordine cronologico, gli avvenimenti de “L’illusione” e fa da premessa a quelli de “L’imperio”.

La tematica psicologica ed intimistica, in questi romanzi, gioca sull’interiorità dei personaggi e ruota intorno al contrasto tra illusione e realtà, con i conseguenti motivi della nevrosi e delle inibizioni. La tematica psicologica è presente anche nella raccolta di novelle “Documenti umani” e ne “L’albero della scienza”, nei quali vengono ripresi temi e metodi veristici.

Negli anni tra il 1892 e il 1900 la produzione di De Roberto è molto varia, con un percorso non lineare, bensì tormentato e complesso. Pubblica il saggio “La morte dell’amore”, “L’amore. Fisiologia. Psicologia Morale”  e il romanzo “Spasimo”, oltre a una monografia su Leopardi e alle “Lettere d’amore immaginarie”, “Gli amori” e i saggi “Una pagina della storia sull’amore”, “Il colore del tempo” nel 1900 e “Come si ama”. Durante i lunghi periodi a Zafferana Etnea si dedica alla compilazione di guide turistiche.

Poetica e stile letterario

Federico De Roberto applica rigorosamente i termini della poetica naturalista e verista. Porta alle estreme conseguenze gli aspetti di impersonalità del narratore e di osservazione rigorosa dei fatti.

Le tecniche narrative dello scrittore sono funzionali alla narrazione impersonale, ma differenti da quelle di Verga. Non è presente, anzitutto una regressione della voce narrante nella realtà rappresentata.

È invece presente un discorso indiretto libero ma, in larga misura, la narrazione si fonda sul dialogo e sulla presenza di didascalie descrittive. La narrazione tende a far propria la tecnica teatrale. Lo stesso De Roberto, nella Prefazione ai Processi verbali, afferma: “L’impersonalità assoluta non può conseguirsi che nel puro dialogo, e l’ideale della rappresentazione obiettiva consiste nella scena come si scrive per il teatro”.

Redazione