La Sicilia ha sempre affascinato i viaggiatori di tutto il mondo. Tra questi, vi fu anche lo scozzese Patrick Brydone, che visse a cavallo tra 1700 e 1800. La sua unica opera letteraria, “Viaggio in Sicilia e a Malta”, è una delle principali opere che riguardano il Grand Tour, la prima in assoluto a proposito della Sicilia.
Ne riportiamo, oggi, alcuni passaggi , in cui racconta il Festino di Santa Rosalia del 1770: si tratta della lettera n°30, indirizzata al Cav. William Beckford. Il Festino è un momento molto importante per la città di Palermo: la sera del 14 luglio si celebra la patrona, Santa Rosalia.
«La Festa ebbe inizio verso le cinque del pomeriggio, col Trionfo di Santa Rosalia, che fu trasportata in gran pompa attraverso il centro della città, dalla Marina a Porta Nuova. Il carro trionfale era preceduto da un gruppo di uomini a cavallo, con trombe e tamburi, e da tutti i funzionari della città in tenuta di gala».
«Sciabecchi, galee, galeotte e altre navi erano tutte disposte all’intorno, formando una specie di anfiteatro sul mare con palazzo nel centro. Le navi iniziarono lo spettacolo scaricando tutte le artiglierie di bordo, e il rombo, riecheggiato dai monti, produsse un effetto grandioso. Lanciarono quindi dei razzi e delle bombe speciali che spesso scoppiavano sott’acqua. La sparatoria durò per una mezz’ora, quando tutt’a un tratto l’intero palazzo si illuminò, e a questo segnale le navi smisero. Tutto avvenne come per incanto, perché le luci si erano accese in un baleno, senza che si fosse visto intervenire nessuno.
Contemporaneamente le fontane che figuravano nello spiazzo davanti al palazzo cominciarono a buttare fiamme, ad imitazione di alcuni dei grandi giochi di Varsailles e Marly. Appena si spensero, lo spiazzo si trasformò in un gran giardino, adorno di palme fiammeggianti, alternate con alberi d’arancio, vasi di fiori, anfore ed altri ornamenti. Quando anche questi si spensero cessò pure l’illuminazione del palazzo; e la facciata si scompose in una quantità di soli, stelle e girandole che in breve tempo la ridussero in cenero (…) Tutto sembrava finito. Quando nel mucchio di macerie balzarono su con un’enorme esplosione duemila e più razzi, bombe, tracchi. Botte e castagnole e il cielo ne fu pieno. Ricadendo in basso provocarono dei grossi guai ai vestiti della povera gente che non era al coperto, ma furono un vero divertimento per la nobiltà che invece al coperto era».
A proposito del carro, lo scozzese scrive:
«Nella parte inferiore assomiglia un po’ a una galea romana, ma va dilatandosi verso l’alto. Davanti si allarga a forma di anfiteatro ovale, con dei sedili disposti torno torno, questa è la grande orchestra, ed era affollata da una nutrita schiera di suonatori, disposti in varie file, una sopra l’altra. Alle spalle dell’orchestra si innalza una grande cupola, sostenuta da sei colonne corinzie e adorna di numerose figure di santi e angeli, e con una gigantesca statua d’argento di Santa Rosalia alla sommità.
L’intera macchina è coperta di alberi di arancio, vasi di fiori e rami di corallo artificiale. Il carro si fermava ogni cinquanta o sessanta iarde, e l’orchestra eseguiva un pezzo con inni in onore della santa».