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La fiaba siciliana di Betta Pilusa ricorda moltissimo quella di Charles Perrault: “Peau d’ane”.  l’ennesima riprova dell’influenza della cultura francese in Sicilia.

Ma è decisamente una fiaba siciliana, di quelle tramandate oralmente per generazioni e, infatti, è possibile trovarne varie versioni con una trama assolutamente differente l’una dall’altra.
Questa è la mia versione, quella che hanno raccontata a me quando ero bambina.

Betta Pilusa

Si cunta e si boncunta (1) che in una bella città siciliana, vicina ad un bosco, viveva un re con la regina e lu riuzzu(2) pieno di sogni e di fantasie.
In un’altro regno verde e ridente, ma molto  più lontano, viveva invece una bella principessina che stava facendo impazzire i suoi regali genitori perché non si decideva a scegliere il principe da sposare.

Un giorno la principessa Spera di Suli (3), così chiamata per la sua chioma dorata, prese una decisione: visto che non riusciva a trovare un marito che le piacesse nel suo regno, perché le sembrava che tutti la cercassero  solo perché era ricca e bella, sarebbe partita in incognito per trovarlo altrove.
La ragazza dovette combattere a lungo con i suoi genitori e con i consiglieri di corte che non vedevano di buon occhio questa sua decisione, e, alla fine, concordarono che sarebbe partita, ma sotto la vigile protezione della fata sua madrina.

Per essere assolutamente irriconoscibile, la principessa indossò vestiti poveri e logori e si avvolse in una grande pelle di asino che la copriva tutta. Montò su un carro sgangherato tirato da un asino e partì in cerca del grande amore.

Nel suo palazzo Spera di Suli era stata abituata a lavorare e studiare, sapeva fare tante cose  e quindi non ebbe difficoltà a lavorare per la gente che incontrava alla quale si  presentava  sotto il nome di Betta Pilusa (4).

Cammina, cammina, cammina… arrivò nel reame del giovane principe proprio nel momento in cui la famiglia reale al gran completo stava sfilando ammirata dai sudditi…notò il bel giovane…e se ne innamorò immediatamente. Che fare? Intanto bisognava fermarsi in quella città .
La fortuna l’aiutò, infatti proprio in quei giorni la fornaia del palazzo reale si era ammalata e ne cercavano un’altra.

Spera di Suli, anzi Betta Pilusa, sapeva cucinare bene e faceva una pizza eccellente, così non ebbe difficoltà ad ottenere il posto.
Come panettiera del re ebbe la possibilità di vivere a palazzo, in una casetta adiacente al locale dei forni e ci rimase per un bel po’.

Di giorno lavorava la sera si chiudeva in casa senza dare confidenza a nessuno e s’incontrava con la sua madrina fata che la coccolava e le dava buoni consigli,
Una sera lu riuzzu fece più tardi del solito con i suoi amici, e, passando davanti alla casetta di Betta Pilusa ebbe l’impressione di   sentire un canto soave e di intravedere dei bagliori luminosi. Guardò dal buco della serratura e rimase senza fiato: nella vecchia casa danzava una fanciulla bellissima, mentre una fata le diceva : “Spera di Suli, Spera di Suli, sarai regina si Diu voli…”
Lu riuzzu non stette a perdere tempo e bussò alla porta. Immediatamente la porta si apri lasciando intravvedere Betta Pilusa  nella sua una povera stanza buia.

“Che succede? Cosa desiderate, Maestà?”
Il principe ci rimase malissimo… Passava le sue giornate a chiedersi che fine avesse fatto la ragazza che aveva vista dal buco della serratura…
Non usciva più, non mangiava più…e fini per ammalarsi…

I medici e gli stregoni chiamati a curarlo non ci riuscivano a guarirlo ed i suoi genitori erano disperati…
Finché un giorno un vecchio saggio disse che il principino per guarire doveva mangiare una focaccia preparata dalle mani di una regina…

A questo punto la regina entrò in crisi: lei non aveva mai cucinato, come sarebbe riuscita a preparare una focaccia ?
Cercò di prepararne una, ma era troppo cruda e il principino la diede da mangiare al suo cane, la seconda era bruciacchiata, la terza troppo salata, la quarta insipida…Insomma tutte le pizze finivano immancabilmente nella pancia del cagnolino che stava diventando obeso.

La regina era disperata e lu riuzzu diventava sempre più triste, pallido e magro.
Ad un certo punto la cameriera della regina  ebbe un’ idea: perché non fare preparare la focaccia a Betta Pilusa che era bravissima? Il principino non avrebbe mai capito che non era stata fatta dalla regina, l’avrebbe mangiata e sarebbe guarito.

Le due donne decisero di tentare: la regina volle conoscere Betta Pilusa, le spiegò il problema ed attese trepidante…
Spera di Suli impastò la focaccia più buona che avesse mai fatto, ma non si accorse che il suo anellino era finito in mezzo alla farina.
La sera stessa la regina offri la focaccia al principino, che odorandola esclamò soddisfatto: ”Questa si, che è buona…ed è fatta da mani di regina…ed iniziò a mangiarla di gusto tra l’esultanza di tutti.

Ad un tratto, però, si ritrovò in bocca qualcosa di duro, si accorse che era un anellino  e lo nascose sotto il cuscino senza parlarne con nessuno.
Quell’anellino, pensò, gli avrebbe fatto trovare la fanciulla dei suoi sogni.
Giorno dopo giorno riprese le forze e guarì.

A questo punto decise di scoprire il mistero ed incaricò un soldato di fare provare l’anello a tutte le ragazze del reame, ma inutilmente, era troppo piccolo, non entrava a nessuno e il principe era così deluso che rischiava di ammalarsi di nuovo…solo allora si ricordò di Betta Pilusa e chiese al soldato se anche lei aveva provato l’anellino.
Il soldato rispose di no.

Allora la piccola fornaia, venne convocata a corte e, alla richiesta del soldato, uscì dal mantello di pelo una deliziosa manina candida, nel cui anulare l’anellino entrò a perfezione tra lo stupore di tutti… in quell’istante la fata madrina fece cadere dalle spalle di Spera di Suli, il mantello di pelo, mostrando la ragazza in tutto il suo splendore… “ È lei !!! E’ lei la ragazza che ho visto quella sera!!!“ urlò il principe…
I due giovani si sposarono…e  vissero felici e contenti e natri cca c’ unn’avemu nenti (5).

NOTE

  1. Si racconta… (è il modo tradizionale di iniziare le fiabe in siciliano)
  2. Il principino.
  3. Aureola di sole ( la spera era l’aureola dei Santi).
  4. Betta (diminutivo di Elisabetta) pelosa.
  5. E noi qua che non abbiamo niente (è il modo tradizionale di chiudere le fiabe in siciliano)

di Angela Marino