All’interno del territorio di Bronte, Randazzo, Adrano e Centuripe, si trovano le Forre del Simeto, delle gole profonde scavate dal fiume Simeto nel corso dei secoli. Queste pareti, alte dai 5 ai 15 metri, rappresentano il primo contatto tra rocce di basalto e colate laviche dell’Etna, ed è per questo motivo che nel 2000, sono state dichiarate “Sito di Interesse Comunitario”.
Il titolo, si occupa inoltre di proteggere gli habitat naturali e seminaturali di flora e fauna che popolano l’area di circa 1.200 ettari su cui si estendono le spettacolari formazioni geologiche, che seguono il percorso naturale del fiume Simeto.
Alle Forre si giunge percorrendo la strada provinciale che collega Adrano al comune di Bronte; una volta arrivati, è possibile ammirare uno spettacolo di singolare bellezza: oltre alle strutture geometriche ‘costruite’ dall’erosione dell’acqua nel corso dei secoli, ad accogliere i visitatori ci sono anche esemplari unici di flora e fauna, tra cui le tipiche formazioni della macchia mediterranea; nelle zone sabbiose, è possibile trovare le tamerici e l’oleandro, mentre nelle parti più interne, non è difficile trovare boschi di ulivi e lecci. Nei pressi del Ponte dei Saraceni, è poi possibile trovare i salici e formazioni di pioppo nero, oltre a piante arbustive tipiche delle aree lacustri come la porcellana di mare.
Le sponde del Simeto sono inoltre l’habitat naturale preferito da mammiferi come l’istrice, la volpe e il riccio; allo stesso modo, non è difficile incontrare diverse specie di uccelli, sia stanziali che migratori, come il falco pellegrino e l’airone cenerino. Tra le pareti rocciose, nidifica il colombaccio, mentre nell’area del canneto non è difficile trovare specie quali la poiana o il gheppio, oltre a diversi esemplari di rapaci notturni, come la civetta e il barbagianni.
Grande assente è invece la fauna ittica, che viene compensata dalla presenza di anfibi e rettili, come la rana verde, la biscia dal collare, la raganella e il discoglosso dipinto, oltre al tipico granchio di fiume.
Alle Forre del Simeto, sono collegati altri due siti di interesse geologico e naturalistico: il “Tratto di Pietralunga”, altro Sito Comunitario istituito nel 2000, e Poggio Santa Maria.
Nel primo caso si parla di una riserva di 675 mila ettari disposti tra i comuni di Biancavilla, Paternò e Centuripe (sempre tra le provincie di Catania ed Enna), sotto le cui intendenze del Dipartimento Azienda Regionale Foreste Demaniali della regione Siciliana, vivono e proliferano la ballerina bianca, alcune specie di anatre, la gallinella d’acqua e il martin pescatore.
Tra i boschi di salice rosso, bianco e pioppo nero, è possibile anche trovare formazioni più di tipo lacustre e palustre, come canneti e tifeti. Negli altipiani alluvionati, è facile scorgere dei tamariceti e la presenza della ginestra odorosa. Tra i salici si ricorda anche il Gussone, una specie endemica dei corsi d’acqua della Sicilia nord-orientale.
A pochi chilometri dalle Forre, è inoltre possibile visitare il cosiddetto Ponte dei Saraceni, ovvero un ponte in pietra del IX secolo, presente in territorio di Adrano. Qui è possibile scorgere le prime formazioni basaltiche scavate dal Simeto nella roccia lavica, ovvero all’incirca 200.000-100.000 anni fa. Il Ponte dei Saraceni venne fatto costruire in epoca normanna, per collegare le città di Troina e Catania. Oggi, all’originaria costruzione appartiene solo l’arcata maggiore, le altre, minori, sono state successivamente ricostruite dopo l’alluvione del 1948 che le distrusse.
Percorrendo il sentiero che dal Ponte dei Saraceni conduce verso monte, si arriva molto facilmente ad una zona denominata “u sautu du picuraro”, una gola dai margini alti fino a due metri, costituita dall’erosione dell’acqua del fiume. Qui si dice che un pastore riuscì a sfuggire alle Forze dell’Ordine, lanciandosi da una sponda all’altra della cavità.
In territorio di Bronte, si può invece ammirare il territorio delle Pietrerosse, un sito composto da formazioni quarzarenitiche, che si estendono fino a contrada Barrili, dov’è possibile ammirare basalti colonnali e una parete lavica lunga 1 chilometro, ricoperta da una fitta boscaglia di macchia mediterranea.
Nella stessa zona si trovano anche le forre laviche del Ponte della Cantera, larghe da 10 a 20 metri; in zona del ponte Passo Paglia, le bancate di lava raggiungono uno spessore di 50 metri e sono anch’esse ricoperte da formazioni vegetali piuttosto tipiche.
Proseguendo per un centinaio di metri in contrada Serravalle, si raggiunge un altro ponte, di origine medievale, che attraversava il noto fiume che dà il nome all’area.
Presso la zona di Adrano è possibile invece ammirare l’area archeologica del Mendolito; una contrada, ora sfollata, di cui rimangono ancora i resti dei singolari terrazzamenti coltivati ad agrumeti, formati da muretti a secco composti dalle rocce vulcaniche del luogo.
Quest’area fu abitata già intorno all’XI-IX secolo a.C.; ma le prime tracce di un villaggio siculo risalgono all’VIII secolo: è infatti qui che è stata ritrovata l’unica iscrizione di lingua sicula meglio conservata di tutta la Sicilia. Fu un importante centro per la lavorazione del ferro, ma la Grotta del Santo, posta più a Est, testimonia come quest’area fosse già abitata dalla cosiddetta cultura di Castelluccio, nella prima metà del III millennio a.C.
Oggi è possibile visitare, in contrada Sciarone, la cappella di Santa Domenica. L’antica struttura, che si presume sia stata ricostruita da Ruggero I per sua nipote Adelicia, sembra potesse appartenere già all’epoca bizantina.
Autore | Enrica Bartalotta