La cucina popolare siciliana ha saputo creare, nel coso dei secoli, un ricettario ricco e corposo. Se alcune di quelle ricette sono molto note, ce ne sono altre che, al contrario, sono sicuramente meno conosciute e costituiscono, dunque, vere e proprie “chicche“. Oggi vogliamo parlarvi proprio di uno di quei piatti di cui non si parla spesso, ma che meriterebbe sicuramente più spazio. Non siamo soliti sentire parlare di “polenta siciliana“, e invece la nostra regione vanta una bella tradizione anche in tal senso.
La Frascatula appartiene alla tradizione contadina: è simile a una polenta densa e si realizza versando a pioggia, nell’acqua bollente, la semola di grano duro. Il procedimento prevedere altri passaggi, ma ci arriveremo tra poco. Prima è giusto parlare della sua storia.
Questa preparazione esiste dal 1282, anno in cui le massaie, durante la rivolta dei Vespri Siciliani, la cucinavano per sfamare i soldati. La semola di grano duro si condisce con verdure spontanee e si può arricchire con altri ingredienti. Le versioni “moderne” sono sicuramente più ricche, ma bisogna pensare che, in origine, era uno di quei piatti in grado di ottenere il massimo del sostentamento con il poco che si riusciva a trovare.
La polenta, nelle sue molteplici varianti, vanta origini molto antiche. Si cucina fin dai tempi dell’antica Roma: i popoli antichi erano soliti cuocere la farina di grano o altri cereali per creare una minestra molto densa, mista a verdure o carne. Una “pappa”, chiamata “puls”, da cui avrebbe avuto origine proprio la polenta. Nel periodo della dominazione romana questa preparazione è arrivata in Sicilia: ecco come e perché.
Notoriamente la nostra Isola è ricca di grano e ha da sempre rappresentato uno dei principali bacini di rifornimento dell’Impero. In una forma di scambio reciproco, ne assorbiva usi e costumi, anche di carattere culinario. Detto questo, torniamo alla nostra Frascatula e al motivo per cui si chiama così.
La polenta siciliana è detta anche “arriminata“, cioè “rimescolata”. Il nome “frascatula” deriva dal francese “flasque“, che vuol dire “molle”. Ve ne sono tantissime testimonianze in diversi libri, come quella di Michele Amari. Nel testo “La Guerra del Vespro Siciliano”, parlando dell’assedio di Messina da parte dei francesi nel 1282, raccontò di come le donne sostenessero i loro uomini in battaglia, portando loro pane e polenta, acqua e vino.
A quei tempi la carne e il pesce erano un privilegio per pochi, nonché una rarità da riservare ai giorni di festa. La cucina di ogni giorno era a base di ciò che offriva la terra: in prevalenza, dunque, cereali, legumi e verdure. La Frascatula si prepara versando farina di cereali o di legumi (o entrambe insieme) nell’acqua bollente, in cui sono state lessate delle verdure (come broccoli, bietole, finocchietto selvatico, borraggine, cicoria o altre spontanee). Si possono aggiungere aglio, salsiccia o lardo. Ovviamente le aggiunzioni più ricche appartengono all’era moderna.
Procedimento