Graziato da Cosa Nostra che voleva ucciderlo: i boss avevano scoperto che si era appropriato dei soldi del pizzo. E così nel 2003, scrive "LiveSicilia", Giuseppe Trinca è stato messo alla porta dalla mafia. La sua "inattività" in Cosa Nostra fa venire meno la pericolosità sociale di Trinca, ex impresario di pompe funebri ed ex affiliato alla famiglia mafiosa di corso Calatafimi. Ecco quanto si legge nel dettaglio:
La Corte d'appello per le misure di prevenzione accoglie la richiesta dell'avvocato Giovanni Castronovo e fa cadere la sorveglianza speciale con obbligo di soggiornare a Palermo. Trinca torna ad essere libero di muoversi. La pericolosità sociale deve essere attuale – così ha sancito la Cassazione – un uomo non può portarsi addosso un marchio eterno. Le regole del diritto sono altra cose rispetto a quelle dell'organizzazione criminale secondo cui, da Cosa Nostra si esce da morti o da pentiti.
Il principio della non attualità nel caso di Trinca vale anche spostando di un paio d'anni la sua militanza mafiosa e cioè sino al 2005, anno in cui l'ex imprenditore avrebbe consegnato il libro mastro del pizzo al suo successore, Angelo Casano. Per tutto questo Trinca è stato condannato con una sentenza definitiva che ha finito di scontare. Gli è stato pure confiscato parte del patrimonio. Successivamente, scrivono i giudici, “nessun concreto elemento di fatto ha deposto nel senso di una ripresa da parte del predetto dei suoi risalenti collegamenti con l'associazione mafiosa”. Trinca, il fuoriuscito da Cosa Nostra, non è più socialmente pericoloso.