Gallodoro, in provincia di Messina, vanta un’antichissima origine. La sua storia inizia in età greca, in un insediamento abitativo in prossimità delle contrade Margi e S. Anna. I ritrovamenti di monete, cocci di brocche e vasellame vario oltre che di tombe, hanno fatto ipotizzare anche la possibile ubicazione della città di Kallipolis, fondata dai calcidesi della vicina Naxos, prima colonia greca di Sicilia.
L’attuale borgo risale al periodo medioevale, quando si formò il primo nucleo abitativo intorno alla chiesa rurale di S. Teodoro Martire. Ubicata in un luogo di passaggio tra la parte bassa e quella alta della cosiddetta Vallis Aurea, , la chiesa divenne nel corso dei secolo il luogo di culto principale della comunità rurale di Gallodoro. Da questo polo insediativo si sviluppò, nel corso dei secoli, l’impianto urbano che si dispiega oggi in maniera tale da assumere la forma di cavea di teatro, con le edifici abitativi addossati l’uno all’altro, tra scorci suggestivi e di rara bellezza rurale.
Fino all’alba dell’età moderna, Gallodoro apparteneva al territorio della città demaniale di Taormina. Sotto il regno di Filippo IV, il territorio di Gallodoro fu smenbrato da quello di Taormina e venduto dalla Regia Corte a Donna Francesca Porzio, moglie di Don Francesco Reitano, entrambi di Messina. Qualche giorno dopo, inoltre, la neomarchesa di Gallodoro ottenne dal viceré Ferdinando Afan de Ribera, duca di Alcalà, la “licentia populandi” di Castellaci, aspro acrocoro nelle vicinanze del paese.
Erede legittimo di Donna Francesca Porzio fu il figlio Don Antonio Reitano che, investito il 29 gennaio 1641, divenne Marchese di Gallodoro. Questi prese parte attiva nella famosa rivoluzione di Messina (1673-1678) a favore della fazione dei Malvizzi seguace dei Francesi contro il governo spagnolo. Nel momento in cui le armi spagnole ebbero il sopravvento e ripristinarono il loro potere, gli insorti ebbero la peggio tra arresti, esili e confische. Analoga sorte toccò ad Antonio e Placido Reitano, molto probabilmente padre e figlio, che dovettero subire l’onta dell’esilio e la confisca del loro patrimonio fra cui anche il Marchesato di Gallodoro, ed infine furono costretti ad abbandonare il proposito di costruire sul territorio di Gallodoro, il paese di Castillaci.
La Regia Corte vendette la terra di Gallodoro a Stefano Oneto e il titolo di Marchese di Gallodoro ad Agesilao Bonanno, ma il Re non approvò tali vendite come risulta da una sua ordinanza emessa a Madrid il 24 novembre 1677, resa esecutoria nel Regno a partire dal 27 giugno 1678. Da fonti storiche apprendiamo che lo Stato e la terra di Gallodoro fu comprato nel 1679 da Don Giuseppe Vigo, da questo momento in poi, per tutto il Settecento e fino agli inizi del successivo, Marchesi di Gallodoro furono esponenti dell’illustre famiglia Vigo di Acireale.
Tra la fine del Settecento e nel corso dell’Ottocento in seno al territorio di Gallodoro si sviluppò, dal punto di vista socio-economico, la frazione costiera di Letojanni. Con il trasferimento nel paese di marina delle più importanti famiglie di Gallodoro, che costruirono i loro rispettivi palazzi, Letojanni rivendicò e ottenne nel 1880 il trasferimento della sede municipale e la modifica di denominazione del comune in Letojanni-Gallodoro, con conseguente ridimensionamento dell’importanza del centro collinare. Solo dopo decenni di lunghe battaglie, la comunità di Gallodoro riuscì a ottenere l’istituzione del nuovo comune di Gallodoro, sancita dalla legge regionale n. 52 del 26 novembre del 1952. Contestualmente Letojanni-Gallodoro mutò denominazione in Letojanni.
Foto Comune di Gallodoro