Un capitolo a parte nella letteratura siciliana, la merita sicuramente Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
Scrittore e drammaturgo palermitano di nobili natali, Don Giuseppe Tomasi ebbe una grande influenza sull’Italia intera col suo unico scritto, pubblicato postumo, “Il Gattopardo”, da cui fu tratta l’omonima pellicola di Luchino Visconti del 1963, che contribuì a costruirne la fama internazionale.
Personaggio dalla personalità complessa, Tomasi Di Lampedusa era un bambino molto solitario. Amante della lettura fin da piccolo, fu molto legato alla madre, che contribuì per larga parte alla sua istruzione nella grande casa di Palermo, insieme alla nonna, che gli leggeva i romanzi di Emilio Salgari.
Compiuti i quindici anni, Tomasi di Lampedusa si trasferì a Roma, e di nuovo a Palermo, per intraprendere i suoi studi classici. Nel 1915, s’iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza di Roma, ma non terminò mai gli studi. Nello stesso anno venne chiamato alle armi, partecipò alla disfatta di Caporetto e fu fatto prigioniero in Ungheria. Dopo quell’esperienza, Tomasi di Lampedusa tornò in Italia con il grado di Tenente, e proseguì gli studi specializzandosi in letteratura straniera. Nel 1925, assieme al cugino Lucio Piccolo, si trasferì a Genova per collaborare con la rivista letteraria “Le opere e i giorni”.
Alla morte della madre nel ‘46, Tomasi di Lampedusa andò a vivere a Palermo con moglie al seguito. La studiosa di psicanalisi Alexandra Wolff Stomersee, detta Licy, che sposò a Riga il 24 agosto del ’32. Nel 1953, Tomasi di Lampedusa iniziò a frequentare un gruppo di giovani intellettuali, tra cui Francesco Orlando e Gioacchino Lanza Mazzarino. Con quest’ultimo, lo scrittore instaurò un rapporto affettivo che lo portò ad adottarlo, solo qualche anno dopo.
Il viaggio caratterizzò tutta la vita di Tomasi di Lampedusa, che andava spesso a trovare il cugino Piccolo, approfittando di convegni e incontri letterari. In uno di questi incontri, si dice abbia fatto la conoscenza di Eugenio Montale e Maria Bellonci, un incontro che lo portò a scrivere “Il Gattopardo”.
Nel 1957 gli fu diagnosticato un tumore che lo portò alla morte nel luglio dello stesso anno, il suo romanzo, “Il Gattopardo” fu pubblicato postumo nel 1958, dalla casa editrice Feltrinelli, a cui fece guadagnare, l’anno successivo, il Premio Strega.
All’inizio, il romanzo non fu preso in considerazione dalle case editrici che gli riservarono parecchi rifiuti; l’opera è oggi ritenuta un best-seller di fama mondiale con oltre 100.000 copie vendute.
Il romanzo trae ispirazione dalle vicende storiche della sua famiglia, e in particolare della vita del bisnonno, Giulio Fabrizio Tomasi, che nell’opera impersona il protagonista, il principe Fabrizio Salina.
Il modulo narrativo dello scritto richiama per molti versi quello del romanzo storico, ma non lo soddisfa appieno. “Il Gattopardo” è suddiviso in blocchi con una sequenza di episodi, ciascuno di propria autonomia, e si fa fautore di un nuovo modo di scrivere, e di sentire, che prende le distanze dal romanzo dell’Ottocento per entrare nella struttura tradizionale della novella.
Tomasi di Lampedusa, sfrutta le vicende machiavelliche del Rinascimento, per parlare della sua Sicilia del tempo, dell’immobilismo che caratterizza la struttura della società, che, pur con tanti e tali rivoluzioni e passaggi di potere, in realtà non cambia mai. Un romanzo critico, duro, che presenta forti tracce di Decadentismo.
L’ultimo periodo della sua vita è stato raccontato nel film di Roberto Andò, “Il manoscritto del Principe”, distribuito nel 2000. Tra le altre curiosità ricordiamo l’Airbus A320-216 (EI-DSB), che Alitalia ha dedicato alla sua memoria, nonché l’asteroide 14846 noto come il di Lampedusa.
Autore | Enrica Bartalotta