Sciacca, cittadina termale nell’estrema provincia agrigentina e linea di confine con la provincia trapanese, per molti versi è rimasta uguale a sé stessa almeno da quando io ho memoria per ricordarmene: ovvero una quarantina d’anni.
Questo, che potrebbe sembrare un fatto negativo, costituisce invece una delle ragioni per cui a Sciacca è sempre bello tornare: perché gli usi, i costumi ed i profumi, sanno ancora di un “tempo che fu”; come il dolce saccense per definizione, ovvero la Cucchitella.
Una ricetta super segreta che i saccensi non rivelano mai del tutto, tenendo per sé quel dettaglio, quel particolare, che ne costituisce l’unicità.
Un involucro di pasta di mandorla a volte aromatizzata all’arancia o al limone, che racchiude al suo interno un dolcissimo e morbido cuore di ripieno: la “conserva”, volgarmente, e dunque di solio il cedro candito.
Poi, ad aggiungere dolcezza su dolcezza e calorie su calorie, una colata di glassa di zucchero: la ghiaccia reale o, più siculamente, “ ‘ a ilata”.
Un altro dolce però ormai quasi del tutto desueto è l’Ovu Murinu. Ad esclusiva produzione saccense, il dolce risale al 1600 e lo producevano le monache: infatti era anche chiamato “Ovu ‘ra Bata Ranni”- ovvero della Badia Grande, residenza delle monache. Un dolce complesso e sostanzialmente un sostituto estivo del più pesante cannolo. Ormai scomparso, lo prepara ancora Nino Bentivegna nella sua Hostaria del Vicolo. Credo sia l’unico locale in cui vive ancora una tradizione ultracentenaria laddove invece molte donne saccensi lo preparano ancora in casa.
Ed in fatto di tradizioni imperiture Sciacca è maestra: sono infatti secolari le produzioni di ceramiche artistiche, molto diverse da quelle della vicina Burgio. Un tripudio di colori tra i quali non compare quasi mai il rosso, evocativo di sangue e di sventura, una dovizia di foglie d’acanto, e poi maschere saracene e sculture di grande aderenza tradizionale a profusione.
E così per le vie del centro, poche e tutte parallele su diversi piani, ci si imbatte in botteghe artigianali dedite alla produzione di ceramica ed in bar con interi vassoi di cucchitelle a far bella mostra di sé.
Ma, se si hanno buone gambe e la temperatura lo consente, val la pena di “scendere al porto” all’ora in cui rientrano i pescherecci con il loro carico di pesce azzurro ma non solo.
A Sciacca il pesce è una sorta di comandamento: non esiste saccense che non mangi il pesce, che non sappia cucinarlo o che non riconosca ad un semplice sguardo il prodotto locale e la sua freschezza.
Paese di terme e panorami mozzafiato, da sempre patisce un’insensata mancanza di ricettività alberghiera di buon livello: l’ospitalità è affidata ai B&B ed alle pensioni, e l’unico albergo – afferente alle Terme – non è esattamente in centro anche se gode di un panorama unico.
Insomma, Sciacca ammaliante che sa di “antico”, che val bene una gita alla scoperta di vicoli in cui si sente ancora profumo di sapone molle: di quando tutto era più semplice, il mondo era più piccolo ed il pane era più buono.
Di: Alessandra Verzera – Direttore Responsabile di www.sceltedigusto.it