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Giovanni Riina, chi è il secondo dei quattro figli di Totò Riina. Dove è nato, quanti anni ha, cosa ha fatto. Per quali crimini è stato condannato, i processi e le sentenze, cosa è accaduto in tempi recenti.

Giovanni Riina

Il nome completo di Giovanni Riina è Francesco Giovanni Riina. Nasce a Palermo, il 21 febbraio del 1976, quindi ha 47 anni. È il secondogenito di Totò Riina e Ninetta Bagarella. Ha due sorelle – Maria Concetta Riina, nata il 19 dicembre del 1974, e Lucia Riina, nata l’11 aprile del 1980 – e un fratello, Giuseppe Salvatore Riina, nato il 3 maggio del 1977.

Il secondo figlio di Totò Riina viene arrestato l’11 giugno del 1996 e riceve una condanna all’ergastolo, con una sentenza della corte di Assise di Palermo. Nello specifico, sono quattro gli omicidi per i quali è stato accusato Giovanni Riina. Il primo è quello dei 22enne Giuseppe Giammona, due colpi di pistola alla nuca mentre si trovava in auto in compagnia della fidanzata.

Poi Giovanna Giammona e Francesco Saporito, marito e moglie: furono trucidati entrambi sotto gli occhi dei loro figli. Ancora, Antonio Di Caro, strangolato e sciolto nell’acido a Giardinello, in provincia di Palermo: quest’ultimo avrebbe rappresentato il “battesimo di fuoco”. Tutti questi delitti sono avvenuti nel 1995.

La sentenza del 2021

Il 19 agosto del 2021, con la sentenza 31835, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di Giovanni Riina contro la proroga del regime del carcere duro, il cosiddetto 41-bis. Per i giudici, né i cambi avvenuti nell’assetto dei clan e ai vertici della Cupola, né i 23 anni di detenzione, basterebbero a escludere un suo ruolo nella consorteria mafiosa.

Secondo la Corte, l’assenza di un ruolo di vertice ricoperto in passato, così come la “fluidità” della consorteria mafiosa, anche dopo la morte di Totò Riina, non assumono “un rilevo in senso favorevole al ricorrente, non incidendo sul suo ruolo consortile e non consentendo di ritenere attenuati il giudizio di pericolosità sociale posto a fondamento dell’originaria applicazione del regime detentivo speciale di cui all’articolo 41-bis dell’Ordinamento penitenziario”, si legge su Il Sole 24 Ore.

A pesare su questa decisione, anche gli esiti delle operazioni di polizia “Grande Passo 3” del 2014 e “Cupola 2.0”, quest’ultima risalente agli anni 2018-2019.

Per i giudici, il ricorrente aveva una posizione di rilievo, sebbene non di vertice, nell’ambiente della criminalità organizzata, “nella quale ricopriva un ruolo significativo, conseguente al fatto che il padre, Salvatore Riina, a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, era stato responsabile dello stesso raggruppamento consortile siciliano”.

La Cassazione ritiene non dirimente l’atteggiamento “di apparente collaborazione con le istituzioni carcerarie assunto da Giovanni Riina durante la sua detenzione, dal quale non può evincersi, in assenza di comportamenti intramurari di natura dissociativa, l’interruzione di ogni rapporto con l’ambiente corleonese oggetto di vaglio, indispensabile per l’accoglimento delle censure difensive“.

I giudici, motivando le ragioni del no all’allentamento delle restrizioni imposte dal regime del 41-bis, hanno anche ricordato che per la proroga di questa forma di detenzione differenziata, basta “una potenzialità attuale e concreta, di collegamenti con l’ambiente malavitoso che non potrebbe essere adeguatamente fronteggiata con il regime carcerario ordinario”.

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