Giuseppe Fava, detto Pippo, chi era lo scrittore, giornalista, saggista e sceneggiatore ucciso da Cosa nostra. Biografia: dove è nato, dove ha studiato, per quali testate ha scritto. L’omicidio e le indagini.
Nasce a Palazzolo Acreide, in provincia di Siracusa, il 15 settembre del 1925. Giuseppe Fava si trasferisce a Catania nel 1943, laureandosi in Giurisprudenza, e diviene giornalista professionista.
Personaggio carismatico, apprezzato dai propri collaboratori per la professionalità e il modo di vivere semplice. Riccardo Orioles, uno dei suoi più stretti collaboratori, lo mette tra le massime espressioni della letteratura italiana in Sicilia.
Orioles lo definisce uno scrittore minore e dimenticato, ma anche uno che, a differenza di nomi come Luigi Pirandello o Giovanni Verga, non ha abbandonato i suoi ideali giovanili per diventare un reazionario.
Agli esordi nel mondo della stampa, collabora con diverse testate, sia locali che nazionali. Tra queste si ricordano: “Tempo illustrato” di Milano, “Tuttosport”, “La Domenica del Corriere” e “Sport Sud”.
Fava, nel 1956, inizia a lavorare al giornale “Espresso sera”, di cui resta caporedattore fino al 1980. Scrive di molti argomenti, dal cinema al calcio, ma i lavori più importanti sono interviste ad alcuni boss di Cosa nostra, tra cui Calogero Vizzini e Giuseppe Genco Russo. In questo periodo, inizia a scrivere anche per il teatro: è del 1966 l’opera “Cronaca di un uomo”, che vince il Premio Vallecorsi.
Con “La violenza” conquista il Premio IDI nel 1970 e, due anni dopo, traspone il dramma in versione cinematografica. Dal suo primo romanzo, “Gente di rispetto”, è tratto nel 1975 un film diretto da Luigi Zampa.
Dopo aver lasciato “Espresso sera” Giuseppe Fava si trasferisce a Roma. Qui conduce una trasmissione su RadioRai, “Voi e io”. Scrive anche la sceneggiatura del film di Werner Schroeter “Palermo or Wolfsburg”, che vince nel 1980 l’Orso d’Oro.
Durante la primavera del 1980 gli viene affidata la direzione del “Giornale del Sud“, che porta avanti con determinazione e professionalità, con l’aiuto di un gruppo di giovani, tra cui il figlio Claudio, rendendolo un quotidiano coraggioso. In un articolo spiega chiaramente che la sua redazione si basa principalmente sulla verità per “realizzare giustizia e difendere la libertà”.
In questo periodo, Giuseppe Fava denuncia le attività di Cosa nostra, prende posizione in merito all’arresto del boss Alfio Ferlito e all’installazione di una base missilistica a Comiso. L’arrivo di una nuova cordata di imprenditori al giornale, insieme a queste scelte, segnano il tramonto della gestione Fava.
Iniziano una serie di atti contro la testata: la prima pagina del Giornale del Sud che denuncia alcune attività di Ferlito viene sequestrata prima della stampa e censurata, mentre il direttore è fuori. Viene anche organizzato un attentato con una bomba contenente un chilo di tritolo, ma Fava riesce a salvarsi. Viene tuttavia licenziato poco dopo.
Giuseppe Fava fonda con i suoi collaboratori la cooperativa Radar, per finanziare un nuovo progetto editoriale. Il primo numero della nuova rivista mensile “I Siciliani” esce nel novembre del 1982. Diviene baluardo del movimento antimafia, con inchieste che spaziano su molti argomenti di attualità.
Fa molto clamore un articolo di Fava, dal titolo “I quattro cavalieri dell’apocalisse mafiosa“, in cui si denunciano le attività illecite di quattro imprenditori catanesi, ma anche di altri personaggi. Nel dicembre del 1983 rilascia la sua ultima intervista a Enzo Biagi, nella trasmissione Film Story di Rai1, sette giorni prima del suo assassinio.
Giuseppe Fava viene ucciso il 5 gennaio del 1984. Sta recandosi al teatro Verga, a Catania, a prendere la nipote che sta recitando. Ha da poco lasciato la redazione ma, mentre è ancora in auto, viene colpito alla nuca da 5 proiettili calibro 7,65. Inizialmente, si pensa ad un delitto passionale, perché la pistola utilizzata non è tra quelle usate nei delitti mafiosi, e anche al movente economico, per le difficoltà in cui versala rivista.
Anche le istituzioni danno peso a questa tesi, tanto da evitare di organizzare una cerimonia pubblica con la presenza delle cariche cittadine. Solo l’alto commissario Emanuele De Francesco e il questore Agostino Conigliaro sostengono la pista del delitto di mafia.
In seguito la magistratura riconsidera le accuse lanciate da Fava sulle collusioni tra Cosa nostra e i cavalieri del lavoro catanesi, quindi prendono il via vari procedimenti giudiziari.
Il processo, dopo un primo stop nel 1985, per la sostituzione del sostituto procuratore aggiunto per “incompatibilità ambientale”, riprende a pieno ritmo solo nel 1994. Nel 1998 si conclude a Catania il processo denominato “Orsa Maggiore 3” dove per l’omicidio di Giuseppe Fava vengono condannati all’ergastolo il boss mafioso Nitto Santapaola, ritenuto il mandante, Marcello D’Agata e Francesco Giammuso come organizzatori, e Aldo Ercolano come esecutore assieme al reo confesso Maurizio Avola.
Nel 2001 la Corte d’appello di Catania conferma le condanne all’ergastolo per Nitto Santapaola e Aldo Ercolano, accusati di essere stati i mandanti dell’omicidio. Assolti Marcello D’Agata e Franco Giammuso che in primo grado erano stati condannati all’ergastolo come esecutori dell’omicidio.
Nel 2003 la sentenza della Corte di Cassazione conferma l’ergastolo per Santapaola ed Ercolano e condanna Avola a sette anni patteggiati. L’omicidio non impedisce alla sua rivista, “I Siciliani”, di continuare a uscire. Il giorno dopo l’assassinio, la redazione apre e trova nuovi collaboratori.
Giuseppe Fava era padre del giornalista e politico Claudio Fava e di Elena Fava, presidente della Fondazione dal 2002, anno in cui la crea per mantenere vivi la memoria e l’esempio del padre, fino al 2015, anno della sua morte. La battaglia di Elena Fava in memoria del padre va oltre la commemorazione del 5 gennaio e comprende il lavoro con i giovani e l’impegno quotidiano per tutto l’anno.
La Fondazione, che non riceve finanziamenti dallo Stato, ha come scopo principale quello di stimolare varie attività contro la delinquenza, tra cui la creazione di centri di aggregazione, l’organizzazione di convegni ed eventi culturali rivolti soprattutto alla scuola, la pubblicazione di libri e la messa in scena di opere teatrali.
Esiste dal gennaio del 2007 un Premio Nazionale “Nient’altro che la verità: scritture e immagini contro le mafie” riservato a giornalisti già affermati, che si svolge ogni 5 gennaio a Catania, e un Premio Giovani, che si svolge ogni 4 gennaio a Palazzolo Acreide, organizzato dal Coordinamento Giuseppe Fava.
Dal gennaio 2010 nasce su iniziativa del Coordinamento Giuseppe Fava di Palazzolo Acreide, in collaborazione con Fondazione Fava, Libera (Siracusa) – Associazioni, Nomi e Numeri contro le Mafie e Associazione Palazzolese Antiracket, un premio riservato alle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado, che vede impegnati gli studenti con diverse tipologie di lavori contro le mafie.