Giuseppe Greco, conosciuto anche come Pino: chi era il palermitano soprannominato “Scarpuzzedda“. Biografia: dove è nato, cosa ha fatto, le rivelazioni dei collaboratori di giustizia, in quali fatti di cronaca è rimasto coinvolto. Processi, quando e come è morto.
Giuseppe Greco nasce il 4 gennaio del 1952, nella frazione-borgata di Ciaculli, a Palermo. Non ha alcuna parentela con nomi “illustri”, come Salvatore “Cicchiteddu” Greco e Michele Greco, nonostante condivida con entrambi lo stesso cognome. Dato che il padre, Nicola Greco, è soprannominato “Scarpa”, a lui spetta di conseguenza il soprannome di “Scarpuzzedda”, cioè “piccola scarpa” in siciliano.
Sin da giovane, si avvicina alla Famiglia di Ciaculli. È del 1979 il suo primo arresto, a opera del commissario Boris Giuliano. Le manette, oltre che per lui, scattano anche per Pietro Marchese e Giovannello Greco, per una rapina in banca in cui perde la vita il metronotte Alfonso Sgroi. Tutti gli arrestati vengono in seguito scarcerati per insufficienza di prove e messi in libertà provvisoria.
Stando a quanto emerso da indagini ed approfondimenti successivi, Greco sarebbe stato uno dei killer dei mandamenti di Ciaculli-Croceverde-Giardini-Brancaccio. Michele Greco, nel 1977, lo avrebbe scelto per fare parte del commando di killer che compie l’uccisione del tenente colonnello Giuseppe Russo.
Un anno dopo, cioè nel 1978, Giuseppe Greco sarebbe diventato capomandamento di Ciaculli, in sostituzione di Michele Greco, su proposta di Totò Riina. Nel corso della seconda guerra di mafia, avrebbe fatto parte di una “squadra della morte”, composta anche da altri. Gli vengono attribuiti numerosi omicidi, tra i quali quelli del magistrato Rocco Chinnici, del generale dei Carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa, dell’onorevole Pio La Torre, del vicebrigadiere Antonino Burrafato, dell’agente di polizia Calogero Zucchetto, del commissario Beppe Montana.
Oltre a questi, anche quelli di Stefano Bontate, Salvatore Inzerillo, Alfio Ferlito e Rosario Riccobono. Secondo le dichiarazioni dei pentiti Vincenzo Sinagra e Stefano Calzetta, durante la seconda guerra di mafia Greco avrebbe aiutato Filippo Marchese a compiere numerosi omicidi nella cosiddetta “camera della morte”. La “camera della morte” sarebbe stata un appartamento abbandonato nella zona di Palermo di Corso dei Mille: qui le vittime venivano strangolate e sciolte nell’acido, quindi i resti finivano in mare.
La mattina del 25 dicembre del 1982, Giuseppe Greco scappa a un agguato. Inizialmente si pensa che a orchestrarlo fosse stato Salvatore Contorno, ma nel 1999 il collaboratore di giustizia Gaetano Grado si dichiara responsabile. In seguito all’attentato, Greco avrebbe cacciato da Ciaculli tutti coloro che riteneva inaffidabili.
A volere la morte di Greco sarebbe stato Totò Riina, che lo fece inghiottire dalla “lupara bianca” nel 1985. Secondo le dichiarazioni dei pentiti Francesco Marino Mannoia e Pino Marchese, l’omicidio sarebbe avvenuto in una villa tra Bagheria e Ficarazzi, nel Palermitano, dove Greco viveva in latitanza.
Dopo l’omicidio di Greco, vengono uccise anche alcune persone a lui vicine. Tra queste, Mario Prestifilippo e Giovanni Fici. La sua fidanzata Mimma Miceli, invece, riesce a sopravvivere a un agguato. Prima di essere ucciso, il commissario Beppe Montana tenta di stabilire un contatto con Mimma Miceli, per arrivare alla cattura di Greco.
In un primo momento, per volere di Totò Riina, circola negli ambienti di Cosa nostra la voce che Greco è scappato negli Stati Uniti, dove è latitante. Nel frattempo, viene condannato in primo grado al Maxiprocesso all’ergastolo in contumacia, ma la sentenza è annullata quando, nel 1989, il pentito Francesco Marino Mannoia rivela che Greco è stato eliminato con il metodo della lupara bianca, nell’autunno del 1985, nella sua villa tra Bagheria e Ficarazzi. Nel 2018 il comune di Bagheria fa demolire la villa e del caso se ne occupa anche la trasmissione televisiva Le Iene.
“A Mongerbino 50 uomini per uno sgombero in grande stile. Otto appartamenti, quattro famiglie di occupanti abusivi Lì sorgerà un centro culturale”, scrive La Repubblica.
“Era la villa da sogno del boss Pino Greco ” Scarpuzzedda”, condottiero degli sterminatori di Ciaculli con 58 omicidi riconosciuti. In quella villa, confiscata alla fine degli anni Ottanta, per oltre un anno hanno abitato quattro famiglie: venti adulti e otto bambini. E perfino un arrestato ai domiciliari che, alla questura, aveva comunicato quell’indirizzo: via Perez 101 a Mongerbino. Un paradosso al quale si è messo fine ieri con il trasferimento dell’arrestato in carcere e lo sgombero della mega-villa”.