Una chiesa gremita ha dato a Palermo l’ultimo saluto a Giuseppe Liotta, il medico morto a Corleone, a causa del violento nubifragio del 3 novembre. Migliaia di persone si sono recate nella chiesa Mater Ecclesiae, per rendergli omaggio nel giorno del funerale: parenti, amici, colleghi, ma anche tanti cittadini, che sono rimasti colpiti da quanto accaduto.
Liotta era partito dal capoluogo per andare a lavorare in ospedale a Corleone. È stato travolto dal fango e il corpo senza vita è stato trovato in un vigneto in contrada Frattini, a circa 10 chilometri dal luogo in cui era stata ritrovata la sua auto.
Giuseppe Liotta lascia la moglie Floriana e due figli. La donna ha letto una lettera durante la celebrazione. “Non è facile essere qui – ha detto -. Non mi sento di aggiungere nulla alle parole d’amore raccolte per Giuseppe. Nel ringraziare tutti quelli che ci hanno aiutato, vorrei avere per tutti una carezza: per le forze dell’ordine, per volontari, per l’unità di crisi e per tutti coloro che si sono stretti a noi in questa ricerca.
Il messaggio positivo è che non siamo mai stati soli. Questo abbraccio non lo dimenticherò mai. Ho visto in questi giorni quanti uomini fantastici ci sono stati vicini, e mio marito era uno di loro. Giuseppe non è un eroe che ha messo a repentaglio la vita per i suoi piccoli pazienti, perché i primi piccoli pazienti erano a casa. Se di eroismo dovremmo parlare, dovremmo celebrare tutti i lavoratori che quella notte erano al lavoro”.
L’arcivescovo Lorefice, durante l’omelia, ha detto: “Cari parenti e amici di Giuseppe sento forte il bisogno di stringermi accanto a voi, di farvi giungere la mia vicinanza per questa lacerante sofferenza per la sua perdita. Dopo gli estenuanti giorni di ricerca, Dio ha sentito il vostro grido, conosce già la vostra angoscia, lui conosce la nostra sofferenza, quella di chi perde la persona sempre amata.
Giuseppe è stato trovato in un vigneto, è un vero discepolo di Cristo. Fino all’ultimo Giuseppe ha amato tutti, la sua adorata famiglia, i suoi parenti, i tanti figli che ha curato ed accompagnato per il suo lavoro da pediatra. Giuseppe affrontava la giornata con un alto senso del dovere, come padre, marito, membro della comunità parrocchiale e come medico. Giuseppe è vivo perché ha amato, è con noi. Le grandi acque non possono travolgere l’amore”.