Per il secondo anno consecutivo gli archeologi dell’Istituto per i beni archeologici e monumentali del Cnr, che ha sede a Catania, sono al lavoro nel territorio della Pompei siciliana. Gli studi, condotti con grande perizia e con l’ausilio di sofisticate tecnologie, intendono fare maggiore luce su Santa Venera al Pozzo, dove affiora una sorgente d’acqua sulfurea che proviene dall’Etna e che, sin dall’antichità, era sfruttata per gli impianti termali di greci e romani.
Il team di archeologi è diretto da Daniele Malfitana. Lo scopo è ricostruire il grande insediamento antico che ha rappresentato per secoli il centro principale del territorio. Qui si trovano resti di terme con coperture simili a quelle di Pompei ed Ercolano. Si tratta di un abitato con 37 ambienti e di un’officina di ceramiche.
Tanti i materiali già rinvenuti, tra cui vasellame e monete, che sono già oggetto di studi specialistici mentre proseguono le attività di rilievo fotogrammetrico e 3D da laser scanner per la realizzazione di modelli tridimensionali che serviranno per studiare l’area archeologica e permetterne una sua promozione.
Secondo la tradizione in questi luoghi fu decapitata santa Venera, durante le persecuzioni romane contro i cristiani: la sua testa fu gettata dai soldati romani nel pozzo delle acque termali, ritenuto miracolo nel Medioevo. Nella zona fu eretta nel 1300 una chiesa con una statua lignea della santa, con una vasca marmorea, probabilmente di reimpiego dallo stesso sito archeologico.
Furono i Greci a trovare una sorgente a bolla di acqua benefica e vi costruirono dei locali probabilmente a scopo termale.
Una volta giunti i Romani, tali edifici furono abbattuti e sulla loro base furono erette delle strutture termali di cui oggi sono rimasti i ruderi risalenti ad un periodo posteriore al I secolo.
Come era antica consuetudine le terme erano costituite da diversi ambienti tra di loro collegati: una prima stanza, della quale non si sa se fosse coperta o meno, costituiva un luogo di incontro dove si parlava, giocava, commerciava; questa era seguita da una seconda, adibita a spogliatoio, dalla quale si poteva passare o al Frigidarium (per un bagno freddo) o al Tepidarium il quale, a sua volta, comunicava con il Calidarium.
Il Tepidarium e il Calidarium conservano ancora oggi la caratteristica volta a botte, riscontrabile anche negli edifici termali di Ercolano e Pompei.