Un milione e 185 mila euro per chiudere il caso di Giovanni Lo Porto, cooperante siciliano rapito in Pakistan e poi ucciso nel corso di un'operazione antiterrorismo americana. Il pagamento non sarebbe un risarcimento, ma solo una concessione a titolo "di favore": "ex gratia" – si legge su Repubblica" – cioè una formula che non comporta alcuna assunzione di responsabilità giuridica. È dunque soltanto una "donazione in memoria del Sig. Giovanni Lo Porto".
Ecco cosa si legge su Repubblica:
Anche il punto dieci della proposta di pagamento ai Lo Porto sottolinea che "la donazione è regolata dalla legge italiana. Ciò non implica il consenso degli Stati Uniti d'America all'esercizio della giurisdizione italiana in eventuali controversie direttamente o indirettamente connesse al presente atto. E in particolare il presente atto non implica una rinuncia all'immunità sovrana o personale". Dopo questi soldi, la famiglia sembra avere ancora meno strade per sapere cosa è esattamente successo e quali sono stati gli errori che hanno determinato la morte del loro parente.
I Lo Porto, rappresentati dallo studio legale internazionale Saccucci Fares & Partners di Roma hanno sempre puntato a raggiungere la verità. "Nel corso delle trattative che hanno condotto all'atto di donazione", spiega l'avvocato Giulia Borgna, "questo tema è ovviamente venuto fuori. La famiglia continua a insistere su questo fronte". Contattato da Repubblica, il Dipartimento di Stato di Washington non ha voluto rilasciare dichiarazioni.
Si sa che Giovanni Lo Porto è stato rapito in Pakistan nel 2012, ma il resto della prigionia è avvolto dal mistero. È morto, all'età di 37 anni, nell'attacco di un drone, ucciso insieme al cittadino americano Warren Weinstein.