Una fontana così non si vede tutti i giorni.
- La Granfonte è una spettacolare fontana monumentale di Leonforte, in provincia di Enna.
- Un tempo, era un abbeveratoio pubblico e la sua acqua alimentava anche alcune fontane dell’Orto Botanico.
- Era anche il luogo abituale di ritrovo per la popolazione.
A Leonforte, un piccolo centro in provincia di Enna, si trova una fontana davvero speciale. Si chiama Granfonte e basta guardarla in foto per comprendere che questo nome è davvero adatto. È in stile rinascimentale-barocco e fu fatta costruire dal principe N. Placido Branciforti sui resti di una antica fontana araba (chiamata Fonte di Tavi). Un tempo era il luogo abituale di riunione della popolazione. Con le sue 24 cannelle era, infatti, l’abbeveratoio pubblico. La sua acqua alimentava anche numerose fontane dell’Orto Botanico. Sembra che il suo disegno architettonico richiami un’analoga fontana che si troverebbe ad Amsterdam, in Olanda: è probabile che l’opera, attribuibile all’architetto palermitano Mariano Smiriglio, si rifà alle numerose creazioni di artisti fiamminghi allora molto diffuse in Sicilia.
La fontana
La fontana è monumentale e di stile Barocco. Ha una forma simmetrica e una lunghezza di 24,60 metri, una profondità di 2,55 metri, 22 arcatelle aperte a tutto sesto, che lasciano intravedere il paesaggio agreste sottostante. Da 24 cannelle di bronzo ogni giorno (tranne il Venerdì Santo in segno di lutto per la morte del Cristo) sgorga ininterrottamente limpidissima acqua che si raccoglie nella sottostante vasca rettangolare. Il prospetto con tre alzate timpanate decorate con bassorilievi è raccordato ai lati con due volute. Monumento emblematico e significativo, “a brivatura” rappresenta la memoria storica e il cuore stesso della Città. Nella case di tanti leonfortesi ve ne è una riproduzione, per mantenere sempre vivo il legame con le proprie radici.
A ridosso della Granfonte, un canale delle acque di scolo della fontana assume la forma di lavatoio utilizzato a tale scopo fino alla metà del Novecento. Qui, entrando dalla attigua Porta Garibaldi, accorrevano le massaie che in tal modo avevano a disposizione acqua corrente in abbondanza, solidi “pilieri” di pietra e massi sui quali fare asciugare al sole gli indumenti.
Foto di Darioskj – the Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International