Chi era Graziella Campagna: biografia della giovane siciliana uccisa dalla mafia quando aveva solo 17 anni. Dove è nata, dove lavorava, perché è stata uccisa e quando. Chi sono i responsabili , processi, sentenze e condanne. Il ricordo e gli omaggi alla sua memoria.
Graziella Campagna nasce il 3 luglio 1968 a Saponara (Messina), un paese sulle pendici del versante settentrionale dei Monti Peloritani. La sua è una famiglia numerosa (sette tra fratelli e sorelle). Abbandona presto gli studi, per lavorare come stiratrice nella lavanderia “La Regina” di Villafranca Tirrena. È un impiego mal retribuito e anche in nero che, tuttavia, le permette di aiutare la famiglia.
Proprio mentre è al lavoro, un uomo che si presenta come ingegner Cannata le porta una camicia. In una tasca, Graziella trova involontariamente un’agenda: non poteva sapere che sarebbe stata la causa della sua morte. Scopre, infatti, che dietro il nome di Tony Cannata si cela quello di un boss latitante.
Il fantomatico ingegnere è in realtà Gerlando Alberti junior, nipote di Gerlando Alberti senior, detto ‘U paccarè, un boss della mafia siciliana, assicurato anni prima alla giustizia dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Il suo collega e cugino, Gianni Lombardo, non è chi dice di essere, ma è Geraldo Sutera, anche lui ricercato per le accuse di associazione mafiosa e traffico di stupefacenti.
Nell’agenda trovata da Graziella Campagna, ci sono nomi e contatti telefonici. Uno dei fratelli della ragazza, Pietro Campagna, è carabiniere a Gioia Tauro: un dettaglio, questo, che spaventa i due latitanti. Un’altra commessa della tintoria, Agata Cannistrà, strappa dalle mani di Graziella l’agenda che lei le sta mostrando, e ne fa perdere le tracce.
È il 12 dicembre 1985: dopo aver finito di lavorare, Graziella va, come al solito, ad aspettare l’autobus che la deve riportata a casa. A casa, però, non c’è mai tornata. La corriera arriva a Saponara senza di lei. La madre si preoccupa subito, perché sa che la figlia non è tipo da “colpi di testa”. Qualcuno pensa a una “fuitina“, ma il ragazzo che avrebbe potuto avere una storia con lei è a casa con la famiglia.
Da alcune testimonianze emerge che quella sera, una sera di pioggia battente, la giovane accetta di salire su un’auto, come se conoscesse bene chi è alla guida. Il corpo di Graziella Campagna viene ritrovato due giorni dopo a Forte Campone, tra Messina e Villafranca Tirrena. È in un prato, con addosso una maglia a righe, pantaloni neri, stivaletti e un giubbotto rosso.
Gli assassini l’hanno trucidata con cinque colpi di lupara calibro 12: ha sparato da non più di due metri di distanza. La sua colpa è stata quella di essere testimone involontaria della scoperta di una falsa identità di un latitante. La mafia, uccidendola, mostra di non avere pietà per nessuno, neanche per donne e bambini. Al momento del delitto, Graziella ha solo 17 anni: avrebbe avuto tutta la vita davanti.
Nella scoperta della verità è fondamentale il ruolo del fratello, che rivela la natura di quel delitto. Nel 1988 arriva il rinvio a giudizio per Gerlando Alberti junior e il fedelissimo Giovanni Sutera. Il 28 marzo 1990, però, arriva la richiesta del pm al giudice istruttore del Tribunale messinese di “non doversi procedere” per questioni procedurali. Il movente che Alberti abbia voluto uccidere la ragazza perché è venuta a conoscenza del suo vero nome, è ritenuto debole.
Solo dopo 6 anni, cioè nel 1996, se ne torna a parlare, in una puntata di “Chi l’ha visto?”. Nel dicembre dello stesso anno, il Tribunale di Messina riapre il caso. L’Associazione Antimafie “Rita Atria” di Milazzo e il Comitato per la pace e il disarmo unilaterale di Messina, presentano il primo dossier “Graziella Campagna a 17 anni Vittima di mafia”, che diviene poi un libro.
Le due associazioni e le scuole di tutto il comprensorio (Milazzo, Barcellona, Santa Lucia, Villafranca, ecc.), fiancheggiano la famiglia, supportandola moralmente. Purtroppo, passano ancora quasi vent’anni affinché arrivi la sentenza della Corte d’Assise di Messina: ergastolo per Gerlando Alberti jr. e Giovanni Sutera, come esecutori materiali del delitto, con l’aggravante di aver agito con premeditazione e durante la loro latitanza.
Agata Cannistrà, la collega che ha fatto sparire l’agenda, e Franca Federico, titolare della lavanderia, ricevono una condanna a due anni di reclusione per favoreggiamento e per aver deviato le indagini, oltre ad aver omesso quanto sanno sul rapimento e sull’omicidio. Gerlando Alberti senior torna libero dopo un anno e mezzo dalla condanna, il 4 novembre 2006, per mancato deposito entro i termini delle motivazioni della sentenza, con conseguente scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare.
Alberti e Sutera, però, sono ricondannati all’ergastolo il 18 marzo 2008 dai giudici della Corte d’Assise d’Appello di Messina e il 18 marzo 2009 la Cassazione respinge il ricorso formulato dai due imputati, confermando l’ergastolo.
Ci sono voluti 24 anni affinché Graziella Campagna avesse giustizia, più di quanti la ragazza ne abbia vissuti. I suoi familiari continuano a portarne il ricordo nelle scuole, negli incontri pubblici e ovunque si parli di lotta alla mafia. La Rai ha dedicato alla sua storia un film tv: “La vita rubata”. È andato in onda per la prima volta il 10 marzo del 2008.
Lo Stato ha onorato il sacrificio della vittima con il riconoscimento concesso a favore dei suoi familiari, costituitisi parte civile nel processo, dal Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso di cui alla legge n. 512/99.