L’area di 1.600 ettari, istituita nel 1981, costituisce la prima area verde protetta della Regione Siciliana, volta a proteggere la vegetazione e la fauna endemica del tratto di costa che si estende tra San Vito Lo Capo e Castellammare del Golfo; caratterizzato principalmente da ecosistemi di tipo mediterraneo. Al suo interno, particolari formazioni carsiche di origine antichissima (dal Quaternario al Mesozoico), completano il quadro della Riserva puntellandolo di falesie e calette, e di rilievi di tipo dolomitico. Una di queste formazioni, ha dato vita alla Grotta dell’Uzzo, conosciuta già 10.000 anni fa ai primi ominidi, che la utilizzarono come rifugio. I molteplici resti ritrovati al suo interno, sia oggetti e attrezzature agricole e armi preistoriche, che ossa e denti di animale, fanno pensare che essa fu scoperta già diversi anni prima, da specie quali rinoceronti, leoni e mammuth.
La cavità viene definita come una delle più importanti di Sicilia, grazie alle numerose tracce umane riportate alla luce, che ci hanno permesso di conoscere le abitudini di vita dei nostri antenati di 10.000 anni fa. Oggi, molti di quei ritrovati sono custoditi presso il Museo Archeologico Regionale “Antonio Salinas” di Palermo, che custodisce anche altri importanti resti della vita storica e proto-storica di Sicilia, tra cui quelli rilevati presso le Grotte dell’Addaura, site in provincia di Palermo.
La provincia di Trapani non è nuova alle formazioni carsiche che danno vita a spelonche, grotte, e cavità; nel territorio di Custonaci, sorge infatti un’altra grotta importante: la Grotta Mangiapane. Alta 70 metri e profonda 50, oggi viene usata dal comune per la tipica rappresentazione del ‘presepe vivente’, ma una volta era dominio assoluto dei primi uomini preistorici che ci hanno lasciato evidenti resti del loro passaggio. La grotta fa parte del complesso “Grotte di Scurati”, un villaggio risalente al Paleolitico Superiore inserito nell’area di protezione della riserva naturale orientata Monte Cofano. I resti di utensili in selce lavorata, tracce di pitture rupestri, ossa e denti di animali sono conservati presso il Museo Regionale “Agostino Pepoli” di Trapani, e il Museo Etno Antropologico di Parigi.
Nella zona di Mazara del Vallo, sorge invece l’Ipogeo di San Bartolomeo, una delle più importanti catacombe paleocristiane di Sicilia e non solo. Al suo interno sono stati rinvenuti inoltre preziosi resti che testimoniano come le cavità fossero conosciute ancor prima dell’avvento dei primi Cristiani: notevoli sono infatti le tracce legate ad insediamenti dell’Età del Rame e del Bronzo, anche appartenenti alla cosiddetta ‘Cultura Naro-Partanna’, a cui era collegata anche un’antica necropoli.
Sull’isola di Levanzo, nelle Egadi, sorge un’altra cavità ritenuta estremamente importante dal punto di vista storico e archeologico: la Grotta del Genovese. Fino al 1949, anno della sua scoperta, la cavità è stata infatti in grado di custodire, importanti testimonianze del passaggio di un’antica civiltà del Paleolitico Superiore; molte le incisioni rupestri, che stanno ad indicare la presenza di esseri umani, e testimoniano l’esistenza di un particolare culto o di una danza propiziatoria pre-caccia. Alcune di queste pitture sono state inoltre in grado di fornirci anche un’immagine piuttosto chiara di quelli che dovevano essere gli animali, ormai estinti, del Quaternario. Altri reperti simili, per portata ed importanza, sono stati ritrovati presso altre grotte dell’isola: dei Porci, di Cala Tramontana, di Punta Capperi.
Nel territorio di Trapani, sorgono poi famosi siti archeologici, corrispondenti agli antichi centri di Lilibeo (Marsala), all’antico insediamento fenicio di Mozia, e alle monumentali città di Segesta e Selinunte, con le loro acropoli e i templi di origine greca.
Autore | Enrica Bartalotta