I castelli principali presenti sul territorio della provincia di Caltanissetta (che, infatti è chiamata “provincia dei castelli”), sono nove, e sono dislocati in punti strategici su tutto il territorio. Particolari nella loro collocazione, dettata da precise esigenze di difesa e di controllo sono stati costruiti in diverse epoche storiche.
In questi edifici s’intrecciano la storia più antica della Sicilia araba e normanna e quella dei nobili casati protagonisti di vicende decisive per la storia dell’isola.
Le prime notizie su questo sito risalgono alla fine del IV secolo a.C.; l’attuale struttura, è riconducibile al periodo svevo. Passato di mano in mano, fu abbandonato intorno al XV secolo; già degradata, la struttura ha subito anche i bombardamenti del 1943 da parte degli incrociatori alleati.
Dopo un lungo restauro, curato dalla Soprintendenza, il Castelluccio, oggi di proprietà della Regione Siciliana, è finalmente visitabile.
Verso l’interno si raggiunge il castello di Butera, che in origine faceva parte delle mura perimetrali del paese ed oggi completamente inglobato nell’abitato, unico con queste caratteristiche. Di origine arabo-normanna, fu da sempre ambito dai conquistatori dell’isola. Il conte Ruggero, nel 1062, strinse d’assedio la città per ben 26 anni fino a quando la strappò ai saraceni.
Tra i signori di Butera si ricordano anche Ruggiero Slavo, Galvano Lancia, Artale Alagona (che tentò di ribellarsi a Federico III).
Nel XVIII secolo il castello passò ai Lanza Branciforti. Destinato in tempi più moderni a svariati usi: carcere, sala da concerti, abitazione privata e magazzino comunale, il castello di Butera è oggi di proprietà comunale.
La sua origine è da collocare in epoca romana. Subì trasformazioni profonde sotto la dominazione bizantina, fino alla conquista araba; la struttura attuale però, è riconducibile all’età feudale.
Il castello di Mazzarino o Castelvecchio è di proprietà del Comune ed è possibile visitarlo. Fu dimora dei signori di Mazzarino (un Branciforti sposò nel 1292 Graziana Villanova, figlia di Calcerando, signore di Mazzarino) finchè non si trasferirono nel palazzo costruito in paese.
In contrada Salomone, sempre a Mazzarino, sorgono i resti dell’altra fortezza del territorio: il castello di Grassuliato. Di proprietà del Comune, è anch’esso di probabile origine romana. Il suo nome deriverebbe dalla traduzione di “arx Saliatum”, ossia castello dei Saliati, sacerdoti di Marte, a cui era dedicato il tempietto che sorgeva accanto all’edificio.
Nella seconda metà del XI secolo, grazie alla sua posizione strategica, diviene punto nodale per le vicende belliche del periodo, e Ruggero il Normanno ne fa una contea. Venne distrutto nel 1162 da Guglielmo I il Malo e fu ricostruito dopo sette anni, per elevarsi, durante la guerra del Vespro (1282-1302), agli onori della storia con Riccardo Passaneto, signore del castello, che guidò le contee ed i casali confinanti, nella rivolta contro gli Angioini.
Anche il castello di Grassuliato fu possedimento dei Branciforti di Mazzarino. I ruderi oggi visibili sono visitabili solo per escursionisti esperti, poiché il sito non è messo in sicurezza ma vale comunque la pena di raggiungerlo ed osservare quello che è possibile.
Le ipotesi sulle origini sono ancora oggi contraddittorie: da un lato i sostenitori dell’origine araba, dall’altro quelli dell’origine sicana, per fronteggiare il castello di Pietraperzia e controllare il confine tra i territori dei siculi e dei sicani nella vallata del Salso, sottostante ad entrambe le fortezze. La sua posizione fu, come sempre, preda ambita per i Normanni, che vi si stabilirono dopo aver sconfitto gli Arabi. Nel 1150 vi venne sepolta Adelasia, nipote di re Ruggero, e la dominazione normanna cedette il posto a quella sveva. Il castello raggiunse il suo massimo splendore sotto il dominio degli Aragonesi, in quanto divenne sede di tre Parlamenti generali siciliani, nel primo dei quali (1295) i baroni proclamarono Federico II d’Aragona re di Sicilia.
Nel XV secolo il castello divenne proprietà dei Moncada, signori di Caltanissetta e nel 1567 un violento terremoto distrusse gran parte dell’imponente edificio.
Oggi il castello è di proprietà demaniale ed ha subito alcuni lavori di restauro delle due torri (unico reperto rimasto), ma non è visitabile poiché non è messo in sicurezza e la struttura non è accessibile anche a causa delle notevoli mutazioni inferte dal terremoto di cinque secoli fa.
Oggi è proprietà del Comune ed è visitabile ma il primo proprietario fu Raimondo de Pluja, cui succederono altri nobili.In seguito il castello passò a don Matteo Chiaramonte e Moncada e a don Gaspare Lucchese, fondatore, nel 1622 della città di Delia; il castello perse in seguito la sua funzione strategica e militare, divenendo dimora dei signori di Delia.
Costruito da Manfredi III Chiaramonte nel 1370, fu teatro di congiure e tragedie. Ebbe una lunga serie di proprietari fino al XVII secolo quando poi fu abbandonato. Nel 1910 i nuovi proprietari, Pietro Lanza di Branciforte, principe di Trabia e Butera, e Francesco Lanza, principe di Saclea, incaricarono l’architetto Ernesto Armò di procedere ad un restauro della struttura.
Oggi il castello, nuovamente ristrutturato, è di proprietà della Regione siciliana ed è visitabile.
Il castello, di origine araba (come rivela il suo nome, Rahalsuptanum, casale armato e difeso), è collocato dove si riunivano le più importanti vie di comunicazione della Sicilia musulmana, che risultava divisa nei tre settori: Val di Mazara, Val Demone e Val di Noto.
Qui fu stilato il famoso testamento di Federico II d’Aragona che vi soggiornò nel 1326. Federico II, colpito da un malore, nominava come suo successore al trono, il figlio Pietro. Nel XVII secolo, durante la dominazione spagnola, divenne di proprietà del nobile palermitano Giuseppe Di Napoli che ricevette il titolo di principe di Resuttano, e nel 1625 fondò il paese, che prese il nome proprio dal vecchio castello.