Vengono denominati ‘Fatti di Bronte’, Strage o ‘Massacro di Bronte’, gli episodi rivoltosi che caratterizzarono il Risorgimento siciliano presso Bronte, in provincia di Catania, a seguito dello Sbarco dei Mille.
L’11 maggio del 1860 Giuseppe Garibaldi sbarcò nel porto di Marsala per liberare la Sicilia e l’Italia tutta dalla tirannide borbonica. Ma al generale mancavano mezzi e uomini; fu così che richiese la collaborazione dei siciliani, a cui promise in cambio non solo il nascere di una nuova e libera società, ma anche, più prosaicamente e concretamente, la tanto attesa divisione delle terre.
Fu così, che il forte malcontento e le molte speranze di riscatto sociale della media borghesia e delle classi meno abbienti, sfociarono in una rivolta. Il 2 agosto a Bronte, vennero date alle fiamme case, il teatro e l’archivio comunale. Il bilancio fu di 16 vittime, tra cui soprattutto nobili civili e ufficiali: il barone del paese con la moglie e i due figli, il notaio e il prete.
Garibaldi e Crispi istituirono così un Comitato di Guerra, volto a sedare la rivolta e a fare giustizia. Al tempo dell’inchiesta, capitanata dal generale Nino Bixio, molti dei responsabili avevano già lasciato la città, gli altri invece si affrettarono ad accusare i propri avversari politici. I Fatti portarono ad un processo sommario che giudicò ben 150 brontesi e ne condannò 5 per fucilazione, tra cui l’avvocato Nicolò Lombardo, che studi successivi scagionarono. La sentenza venne eseguita all’alba successiva, e i cadaveri dei colpevoli furono lasciati esposti al pubblico come monito alla cittadinanza. Secondo Gigi Di Fiore e altri studiosi, Garibaldi non era solo intenzionato a mantenere l’ordine pubblico nell’area, voleva anche proteggere gli interessi commerciali e terrieri dell’Inghilterra, che aveva sostenuto lo Sbarco. Bronte inoltre, era proprietà degli eredi Nelson, il quale, nel 1799, fu insignito del titolo di duca di Bronte dal re Ferdinando I di Borbone, con l’assegnazione di alcuni terreni, tra cui il castello del 1174, che porta il suo nome, e la Chiesa di Santa Maria nei pressi di Maniace.
La cittadina, oggi parte del Parco dell’Etna e del Parco dei Nebrodi, nacque per decreto dell’imperatore Carlo V d’Asburgo. Prima del 1520, infatti, sul territorio dove oggi sorge Bronte, sorgevano 24 agglomerati, tutti facenti parte del monastero di Maniace.
Bronte fu parzialmente danneggiata durante l’eruzione del 1651, e resa nota al grande pubblico dai Fatti risorgimentali. Oggi è soprattutto amata per il famoso pistacchio (e dall’infinita varietà di prodotti derivati da esso), Presidio Slow Food e prodotto ortofrutticolo D.O.P. conosciuto in tutto il mondo.
Una curiosità: nella raccolta “Novelle rusticane”, Verga parla della Strage, ma in chiave apologetica, per Bixio e i garibaldini. La novella “Libertà” tratta dunque il tema sottolineando la responsabilità dei riottosi brontesi.
Autore | Enrica Bartalotta