Alla fine dell’Ottocento l’Isola di Mozia fu acquistata da Joseph Whitaker erede di un’importante famiglia inglese che spesso risiedeva, in occasione dei soggiorni estivi, a Palermo a Villa Sophia.
Durante la permanenza a Marsala, chiamato a lavorare presso gli stabilimenti vinicoli di suo zio Benjamin Whitaker, Joseph ebbe l’occasione di frequentare l’isola di San Pantaleo e di rilevare interessantissimo il suo valore archeologico.
Con l’aiuto di Giuseppe Lipari Cascio avviò un progetto e un programma di scavi sistematici che cominciarono nel 1906 e che durarono fino al 1927.
In questi anni furono riportate alla luce, la necropoli arcaica, la Casa dei Mosaici, la Casa delle Anfore e alcuni tratti della cinta muraria, un santuario fenicio-punico nella zona di Cappiddazzu e il Tofet, il famoso santuario.
La casa sull’isola, l’attuale Museo Whitaker, divenne un piccolo antiquarium dove erano esposti i reperti provenienti dagli scavi.
Dopo la sua morte, la moglie e le due figlie Norina e Delia hanno continuato la sua straordinaria attività culturale ed alla morte di Delia avvenuta nel 1971 è stata costituita l’attuale Fondazione.
La Collezione Whitaker costituisce una preziosa testimonianza delle ricerche archeologiche effettuate a Mozia, Birgi e Lilibeo.
Grazie all’opera di ricerca di J. Whitaker il museo conserva reperti archeologici rinvenuti sia da scavi sistematici, sia trovati casualmente. A questi si aggiunsero donazioni e acquisti.
I materiali archeologici andavano aumentando tanto da riempire scaffali, armadi a vista e mensole per una composita esposizione. All’ingresso della casa furono collocati il Complesso scultoreo dei due leoni che azzannano un toro e i Capitelli della Casa dei Mosaici.
Il Museo, ospita oltre al Giovane di Mozia, corredi funebri provenienti dalla necropoli arcaica dell’isola, anfore commerciali, greche, fenicie ed etrusche, una ricca collezione di vasi a vernice nera e figure rosse della necropoli di Birgi, oltre ai materiali provenienti dal Tofet, dall’abitato di Mozia e dalla Casa dei Mosaici.
Ma anche gioielli e armi, amuleti e scarabei e oggetti con sopra incise didascalie originali oltre che strumenti d’uso cosmetico o chirurgico e frammenti di stele iscritte provenienti dalla necropoli di Lilibeo.
I gioielli sono in prevalenza esemplari in argento e bronzo oltre che in oro, di discreta fattura, compresi tra il VII ed il IV secolo a.C. e le gemme incise, corniole, ambre e cristalli di rocca sono provenienti da Lilibeo e rientrano nella produzione corrente di età ellenistica e romana.
IL GIOVANE DI MOZIA
Collocato presso il Museo Whitaker, il Giovane di Mozia è stato rinvenuto il 26 ottobre del 1979, nei pressi della zona chiamata “zona K” adiacente al Santuario di Cappiddazzu, in seguito ad una campagna di scavi.
La statua di marmo a grana grossa cristallina con tracce di policromia, doveva raggiungere l’altezza di circa due metri. Sembra essere stata attribuita ad un artista greco, con riferimento all’officina dello scultore Pitagora di Reggio e alla plastica selinuntina di stile severo, di probabile committenza punica.
Molti studiosi fanno risalire l’opera al V secolo a.C.
Il Giovane auriga, un uomo dal corpo atletico e valoroso, sembra nel gesto di condurre il carro vittorioso ma altre ipotesi spingono gli studiosi ad alternative interpretazioni: sacerdote, divinità, magistrato, il tiranno Gelone, Dedalo.
Fonte: http://www2.comune.marsala.tp.it/marsala_tour/it/sc_mozia_03.html