Isnello è un comune in provincia di Palermo, posto da 420 a 1.600 metri sul livello del mare. Il suo toponimo prende il nome dal fiume che lo bagna, e ha dato i natali a diversi personaggi illustri.
La storia di Isnello risale al Medioevo, quando sconfitti gli Arabi, conte Ruggero decise di aggregare la città alla diocesi di Messina, insieme alla vicina Gratteri, che finì solo successivamente sotto il controllo dell’Arcidiocesi di Palermo, e in seconda battuta, per volere dell’ecclesiastico a capo, sotto l’egida di Federico II e, una volta deceduto l’Imperatore, di suo figlio Manfredi.
Con la fine del Duecento, Isnello passò sotto il controllo di Niccolò Abbate e nel 1377 del conte di Geraci, Francesco II Ventimiglia e Consolo, che ne ottenne il dominio a seguito di una compravendita. Il suo successore, accusato di tradimento, perse le terre, che vennero affidate dal re Martino a Abbo Filangeri, Alcalde di Cefalù. Una ventina di anni più tardi, la baronia finì nelle mani di un nobile catalano, e dei suoi successori, fino ad arrivare, nel 1547, ad essere un presidio della famiglia La Farina, che già possedeva i feudi di Madonia, Chiusa, Culìa, e Piano Zucchi. Nel febbraio del 1625, Filippo IV concedette alla baronia di diventare contea. Sotto l’egida di Pietro Santa Colomba, figlio di Arnaldo III, la contea riuscì a riottenere parte dei suoi vecchi possedimenti, perduti nel 1547. I Santa Colomba furono i primi e gli ultimi conti di Isnello; nel Settecento infatti, i terreni passarono a Donna Giuseppa di Valguarnera, discendente diretta dei Santa Colomba per linea femminile.
Dopo le aspre contese portate avanti dai figli di Donna di Valguarnera, alla fine del XVIII secolo, gli abitanti di Isnello decisero di liberarsi del merio e misto imperio, ricomprando i territori della contea. Il nome della città sembrerebbe derivare dal corso del fiume che ne lambisce le terre, e in particolare dal termine siriaco ‘hassin’ che significa ‘fiume freddo’. Allo stesso modo, il toponimo di Isnello potrebbe risalire a quello punico di ‘hassinor’, che serviva a descrivere un torrente con alveo a forma di tubo, oppure a quello più antico di ‘asines’, che in greco indentificava un corso d’acqua calmo e tranquillo.
Della storia araba di Isnello non si sa molto, se non che gli effetti di tale invasione si fecero sentire anche sulla toponomastica; nel IX secolo infatti Isnello veniva chiamata Menzil Al-Hamàr, ovvero ‘villaggio fortificato’; a conferma di questo destino, rimangono i ruderi del castello di epoca bizantina.
La storia di Isnello è dunque piuttosto recente, ed essendo posta a parecchi metri sul livello del mare, non ha subìto i danni dovuti al terremoto del 1693, che ha devastato l’Isola.
Molteplici sono dunque gli edifici religiosi, sorti soprattutto nel Seicento. Da ricordare è la chiesa Madre, dedicata a San Nicola di Bari, Santo Patrono, la cui città dedica una festa il 7 settembre di ogni anno.
Presso l’edificio, iniziato nel XVI secolo, si conservano preziosi stucchi di Giuseppe Li Volsi da Nicosia, il Tabernacolo in marmo, realizzato nel Cinquecento, un organo meccanico del 1625, e il Coro, opera in legno di Giuseppe Di Maggio e Giacomo Mangio.
La chiesa di San Michele Arcangelo, conserva invece una serie di affreschi databili tra il XIV e la prima parte del XV secolo; interessante la chiesa di Santa Maria Maggiore, con campanile decorato in maioliche colorate, e la chiesa di Maria Santissima del Rosario, con la Pala d’Altare quattrocentesca appartenente al fiammingo Simon de Wobreck. L’edificio fu fondato nel 1475 dall’Ordine dei Domenicani; all’incirca cento anni più tardi, quando il convento venne convertito in palazzo dei Signori di Isnello, la chiesa ne divenne la sua cappella palatina.
Ma Isnello è conosciuta soprattutto per il suo folclore. Innanzitutto ‘La Luminaria’, un grosso falò realizzato nella piazza Mazzini, la mattina della Vigilia di Natale; le manifestazioni hanno il via solitamente il 21, con la recita dei ragazzi delle scuole della città, alla presenza del Sindaco, che celebrano la chiusura degli edifici per l’inizio delle Festività. La sera del 23, la chiesa dell’Annunziata, ospita la Banda Musicale F. Bajardi per un concerto natalizio alla presenza di tutta la cittadinanza. La mattina del 24, in piazza Mazzini, i volontari si apprestano a preparare la caratteristica ‘Luminaria’, il grande falò realizzato con la legna del vicino bosco, di cui parla anche il Cristoforo Grisanti nel 1899, l’insegnante e studioso di folclore italiano, che proprio a Isnello, città che gli ha dato i natali, ha dedicato un intero volume. Simbolo di luce e di speranza, il calore del fuoco ha l’obiettivo di scaldare simbolicamente il Bambinello che sta per nascere, nonché gli isnellesi, che tradizionalmente si trovano qui dopo la messa, per scambiarsi gli auguri e brindare con un buon bicchiere di vino.
Ad Isnello come in altri luoghi della Sicilia, e soprattutto della provincia di Palermo, vige la leggenda secondo cui i cari defunti, la sera del 1° novembre, escono dai loro sepolcri per riunirsi nella piazza principale. Ma a differenza della città di Palermo, nel comune di Isnello è diffusa anche la tradizione de ‘A Nunna Vecchia’, una Festa che somiglia molto alle celebrazioni Anglosassoni di Halloween e alla festa pagana della Befana. Il 31 di dicembre, i bambini girano per le strade del paese in cerca di pietanze tipiche chiamate ‘corna’, dolci a forma di mezzaluna (o di grosso corno), con ripieno di fichi secchi, marmellata di zucche e mandorle tostate, decorati da una golosa glassa di zucchero e codette colorate, e caramelle, suonando grandi campanacci e scambiando con gli altri abitanti, gli auguri per il Nuovo Anno.
Isnello è inoltre conosciuta per l’arte del ricamo; una tradizione antica, risalente al XVI secolo, che viene ancora tramandata di madre in figlia. Tra le strette viuzze della città, non è inusuale, soprattutto d’estate, trovare le donne isnellesi sedute sulla soglia, intente a ricamare vere e proprie ‘reti d’amore’: corredi in pizzi, merletti o filet, con gli antichi motivi ornamentali dedicati al giorno delle nozze. La nota Scuola, voluta dal Comune di Isnello e dall’Ente Parco delle Madonie, organizza corsi per la produzione e realizzazione del ricamo, del filet e dello sfilato siciliano del Quattrocento e del Cinquecento, e ha ricevuto numerosi e preziosi riconoscimenti nazionali.
A Isnello ci si sta prodigando per la creazione di un Osservatorio Nazionale, il “Parco Astronomico delle Madonie”.
Sulla base degli studi portati avanti negli anni Settanta dal professor Carlo Bianco, astronomo del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Catania, il primo finanziamento venne concesso dal Ministero delle Infrastrutture, il 6 novembre 2009; i primi lavori sono iniziati nell’estate dello scorso anno. Il Centro sarà destinato alla ricerca, didattica e divulgazione delle scienze astronomiche.
Oltre al grande telescopio robotico, la Stazione Osservativa collocata sul monte Mufara, sarà fornita di una zona operativa e di controllo in località Mongerrati, e di una struttura dedicata alla didattica e alla divulgazione scientifica, prevista in contrada Fontana Mitri, che verrà arredata con un planetario, due laboratori, di cui uno all’aperto, una terrazza osservativa, un radiotelescopio, una struttura museale e diverse aule.
Dal 2009, la città organizza l’evento “Gal Hassin”; nell’edizione del 2011, il riconoscimento in filet su rete di filo d’oro, è stato assegnato alla professoressa Margherita Hack, «per la sua attività scientifica e divulgativa».
Autore | Enrica Bartalotta
Foto di Mariano Giannì