Fonte: Agromobile – La mappa del gusto
Se volete ammirare scorci di Sicilia insoliti, questo è l'itinerario per voi! Il Percorso del Fico d'India vi guiderà attraverso la Valle del Belice, territorio di eccellenze enogastronomiche, terra del Fico, ma anche di gustosi olii e formaggi.
Visiterete paesaggi assolutamente non convenzionali: Gibellina, paese distrutto dal terremoto e poi ricostruito con l'aiuto di installazioni ed opere d'arte; Santa Margherita del Belice, cittadina dalla quale l'autore del Gattopardo ha tratto l'ispirazione dei luoghi descritti; il Lago Arancio, bacino artificiale che, anche nei mesi più rigidi, sa mostrare tutto il suo splendore e la sua bellezza.
Il Fico d'India, Opuntia Ficus–Indica, è una pianta originaria del Messico, coltivata già ai tempi degli Atzechi, che si è in seguito diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo.
È una pianta succulenta, in grado cioè di immagazzinare grandi quantità d’acqua, caratteristica che rende il suo frutto dissetante e carnoso e che si aggiunge alla sua naturale dolcezza.
Il peso di ogni singolo frutto può variare da 150 a 400gr. Il suo colore è differente a seconda delle varietà: può andare da un giallo-arancione nella varietà sulfarina a un rosso porpora nella varietà sanguigna; infine possiamo anche trovare alcune varietà color bianco. Anche la sua forma è molto variabile: essa dipende non solo dalle varietà, ma cambia anche a seconda del momento della sua formazione: solitamente i primi frutti sono tondeggianti, mentre quelli più tardivi hanno una forma più allungata. Ogni frutto contiene un elevato numero di semi, nell'ordine di 300 per un frutto di 160gr.
La pianta iniziò a essere prodotta in Europa nel corso del XIX secolo, quando, dopo alcuni tentativi di coltivazione, una prima coltura ebbe successo nelle isole Canarie. Da qui si diffuse rapidamente in tutto il bacino del Mediterraneo dove si è naturalizzata al punto da divenire un elemento caratteristico del paesaggio. In Italia, la pianta è presente prevalentemente in Sicilia: il 90% della superficie coltivata a fico d'India è infatti localizzata sull’isola. Qui, oltre il 70% delle colture si concentra prevalentemente in 3 aree: a San Cono (Me), alle pendici dell'Etna e nella Valle del Belice.
Dal momento che i fichi d’india sono ricoperti di spine, bisogna usare delle precauzioni durante la loro raccolta. In particolare, per poterli raccogliere in tutta sicurezza, è possibile usare un attrezzo specifico, denominato "coppo"(coppu in siciliano). Questo utensile, di forma conica, è formato da un paio tubi metallici cavi con al centro un cilindro vuoto. Durante la raccolta, applicando la giusta pressione, i fichi d’india vengono staccati e fatti penetrare all'interno della parte cilindrica, dove restano intrappolati. Questo è il metodo più efficace e sicuro, anche se richiede un minimo di pratica.
I frutti oltre ad essere consumati freschi, vengono usati anche per la produzione di marmellate, succhi, liquori, mostarda e dolci. Anche le pale del fico d’india, private ovviamente delle spine, sono commestibili: fresche in insalata, sottaceto, candite o sotto forma di confettura. È possibile anche cuocerle: la cottura, infatti, elimina la gelatina che contengono, dopodiché si possono saltare in padella, grigliare, friggere o consumare secondo i propri gusti.
Gibellina è un comune italiano della provincia di Trapani.
Viene spesso definita un museo dell'architettura moderna a cielo aperto in quanto è stata realizzata da artisti contemporanei di fama mondiale. Il vecchio centro di Gibellina infatti è andato distrutto e abbandonato durante il devastante terremoto del Belice del 1968.
Per la ricostruzione della cittadina l'ex sindaco della città ebbe l’idea di chiamare a Gibellina diversi artisti di fama mondiale come Pietro Consagra, Mario Schifano, Andrea Cascella, Arnaldo Pomodoro, Mimmo Paladino, Franco Angeli, Leonardo Sciascia.
La città, che sorge a 11 km di distanza dal vecchio centro, divenne subito un immenso laboratorio di sperimentazione e pianificazione artistica, in cui artisti e opere di valore rinnovarono lo spazio urbano secondo una prospettiva innovativa.
Alberto Burri si rifiutò di inserire una sua opera nel nuovo contesto urbano che si stava costruendo e realizzò un "Grande Cretto" sulle macerie della vecchia Gibellina, a memoria del sisma che la distrusse. Una tra le opere d'Arte contemporanea più estese al mondo.
Da vedere il Meeting, scultura-monumento realizzata da Pietro Consagra; la Chiesa Madre, realizzata da Ludovico Quaroni e Lucia Anversa nel punto più alto del paese; la piazza del Comune circondata da un portico realizzato da Vittorio Gregotti e Giuseppe Samonà, alle cui pareti si trovano delle ceramiche decorate da Carla Accardi. Al bordo della piazza si trovano delle sculture di metallo bianco intitolate la Città di Tebe di Pietro Consagra, la scultura in travertino Città del sole di Mimmo Rotella e La torre di Alessandro Mendini.
Santa Margherita di Belice sorge nella parte sud-occidentale della Sicilia, nella provincia di Agrigento. Si erge a 400 metri sul livello del mare, tra i fiumi Belìce, Senore e Carboj.
Il territorio in cui sorge è ricco di testimonianze dei precedenti insediamenti sicani, greci, romani, arabi e normanni che si sono succeduti nelle varie epoche, fino a quando, nel 1572, il Barone Antonio Corbera, antenato dello scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa, fondò la città. Ai baroni Corbera succedettero i Principi Filangeri che diedero impulso al paese avviando la costruzione di numerosi edifici.
La città è stata distrutta dal terremoto del 1968, ma nonostante questa terribile calamità conserva ancora il suo misterioso fascino che ha conquistato attori, registi, scrittori e poeti di fama internazionale.
Una delle personalità più notevoli legate alla località è quella dello scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa, nato dall'ultima principessa Filangeri, Giovanna e dal principe Lucio Mastrogiovanni Tasca d'Almerita. L’espressione “Il Paradiso Terrestre e Perduto della mia infanzia" fu usata dallo scrittore proprio per descrivere Santa Margherita, località dove ambientò il suo celebre “Gattopardo”. L’opera contiene infatti numerose descrizioni della cittadina e dei paesaggi che furono, durante la sua infanzia, mete di gite indimenticate: Misilbesi, Dragonara e Madonna delle Grazie. Il fascino esercitato dalla città sull’animo creativo dello scrittore si può riscontrare anche nella descrizione di gran parte della casa di Donnafugata rappresentata nel Gattopardo: essa è ispirata all'enorme palazzo, di proprietà della madre, in cui Giuseppe trascorreva l'estate da giovane, il Palazzo Filangeri di Cutò, meglio conosciuto come Palazzo Gattopardo. Ricco di innumerevoli stanze, cortili, giardini e spazi teatrali, è oggi anche sede ufficiale del Parco del Gattopardo Cutò di Filangeri. Questo Parco rappresenta una delle attrattive principali della città con le sue fontane, i suoi cortili e le sue piante. Quasi completamente distrutto durante il terremoto, è stato in seguito parzialmente ricostruito ed oggi è la sede del Municipio, del Museo del Gattopardo, dell'Istituzione Parco Letterario Giuseppe Tomasi di Lampedusa e del Teatro Sant'Alessandro. Il Museo del Gattopardo, in particolare, custodisce le riproduzioni dell'originale manoscritto e dattiloscritto del romanzo, nonché le lettere, gli appunti, la documentazione e le foto d'epoca dello scrittore. Tra le altre attrazioni, vi è anche la rappresentazione, attraverso un piccolo museo delle cere, di una scena del “Gattopardo” viscontiano.
Adiacente al Palazzo sorge la Villa del Gattopardo, sede di un rigoglioso giardino con alberi secolari, realizzato sul finire del secolo XVII, anch’essa mirabilmente descritta nelle opere di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
Di notevole interesse storico è il Museo della Memoria. Si tratta di uno spazio realizzato utilizzando i ruderi dell'ex Chiesa Madre restaurati. Al suo interno si possono ammirare centinaia di fotografie che guidano il visitatore alla scoperta della Valle del Belìce e dei suoi nove paesi (Gibellina, Montevago, Salaparuta, Poggioreale, Santa Margherita di Belìce, Santa Ninfa, Sambuca di Sicilia e Vita) prima della terribile notte del 15 gennaio 1968. Gli scatti fotografici esposti immortalano volti di uomini, donne e bambini, case distrutte e paesi stravolti. Ma immortalano anche tutte le fasi dei primi soccorsi, gli aiuti fino ad arrivare alla ricostruzione urbanistica, che rappresentò la rinascita della città e della sua popolazione.
Tra gli altri monumenti degni di nota meritano una particolare menzione anche la Chiesa Madre o SS. Rosario, rifatta nel '700 e ornata di dipinti del Meli, Il Parco della Rimembranza, con il suo monumento ai Caduti e il Quartiere San Vito, storico quartiere sopravvissuto al terremoto, ma ormai disabitato, emblema della forza distruttrice del terremoto.
Tra i prodotti agroalimentari prevalenti della città è d’obbligo citare l'olivo, i vigneti e la vastedda della Valle del Belìce, un formaggio fresco a pasta filata prodotto da latte ovino.
Ma di certo è il ficodindia il principe dei prodotti agroalimentari di Santa Margherita di Belìce. Qui, grazie alla natura rigogliosa e ai terreni resi fertili dal fiume Belìce, la coltivazione del ficodindia è una tradizione secolare. Il frutto, con tutte le sue qualità alimentari, viene celebrato ogni anno ad ottobre, in occasione della Sagra ad esso dedicata.
Per saperne di più: http://www.comune.santamargheritadibelice.ag.it/
Il lago fu realizzato nel periodo tra la fine degli anni ’40 e gli inizi degli anni ‘50 con la costruzione di una diga. Fino ad allora, al suo posto si trovavano i resti del fortino di Mazzallakkar, una costruzione fortificata risalente alla dominazione araba. I resti del fortino furono ricoperti dal lago, ma periodicamente, quando il livello delle acque si abbassa, questi ruderi emergono dando vita a uno spettacolo molto suggestivo.
Nel 2000 il bacino fu assegnato in gestione alla LIPU, che ne ha fatto un'oasi naturalistica.
Il lago Arancio è infatti considerato una vera oasi di tranquillità ed ospita numerosi esemplari di flora e fauna. Tra la flora presente, vi sono tamerici e salici bianchi. La fauna invece è rappresentata da decine di specie di uccelli: durante la primavera e l’autunno il lago diventa infatti luogo di sosta per numerose specie di uccelli migratori, mentre d'inverno è luogo di rifugio per l’airone, l'alzavola, il chiurlo, il codone e molti altri. Inoltre, insieme agli altri caratteristici mammiferi che abitano la Sicilia, è possibile trovarvi anche rospi, rane, tartarughe, biacchi e lucertole.
Per saperne di più: http://www.virtualsicily.it/Monumento-Lago%20Arancio-AG-308