Non archiviare l'inchiesta sulla morte di Attilio Manca: è l'accorato appello al procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, all'aggiunto Michele Prestipino e al sostituto Maria Cristina Palaia da parte della famiglia del giovane urologo di Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, trovato morto a Viterbo il 12 febbraio 2004. Sono passati 13 e il mistero non è ancora risolto. L'appello è stato firmato da don Ciotti, parlamentari come Lumia, Fava, D'Uva, Sarti, Scopelliti e Mattiello, tutti della commissione Antimafia, oltre a Di Maio, Di Battista, Civati e Bolognesi; giornalisti come Orioles e Travaglio; l'attore e regista Jacopo Fo, i sindaci Orlando, Accorinti e De Magistris, oltre ad artisti come Guzzanti, Mannoia e Ligabue.
Attilio Manca fu ritrovato con due segni di iniezioni nel braccio sinistro e la sua morte è avvenuta per un'overdose di eroina, alcool e tranquillanti. Ma Attilio era un mancino – come hanno sempre osservato i genitori e confermato i suoi colleghi dell'ospedale Belcolle di Viterbo – e soprattutto non era un tossicodipendente con istinti suicidi.
Secondo la tesi dei legali della famiglia Manca, Attilio avrebbe visitato il capo di Cosa Nostra, Bernardo Provenzano (prima o dopo il suo intervento alla prostata realizzato in Francia nell'autunno 2003), dopodiché sarebbe stato eliminato in quanto testimone scomodo. Per la procura di Viterbo, invece, Attilio Manca sarebbe morto per essersi iniettato volontariamente due dosi fatali di eroina.