La Repubblica delle Banche

“La Repubblica delle Banche – Fatti e misfatti del sistema bancario. Con il concorso del controllore”, è il titolo e il sottotitolo del libro di Elio Lannutti, ex senatore, giornalista ed esperto di questioni economiche, fondatore e Presidente dell’Adusbef, associazione, tra le più autorevoli, di tutela dei consumatori specializzata nel settore bancario. Edito da Arianna Editrice, è composto da 249 pagine e ha un prezzo di copertina di € 13,50. La prefazione è di Beppe Grillo.
  Alcune citazioni ivi riportate sintetizzano molto bene il contenuto del libro che intende divulgare, sempre con chiarezza, fatti poco noti alla gran parte della popolazione ma determinanti a tal punto da influenzare le vite e i destini economici e sociali di essa. 
  “Quando un governo dipende dai banchieri per il denaro, questi ultimi, e non i capi di governo, controllano la situazione, dato che la mano che dà è al di sopra della mano che riceve… Il denaro non ha madrepatria e i finanzieri non hanno patriottismo, né decenza; il loro unico obiettivo è il profitto”. (Napoleone Bonaparte, 1815)
  “L’attuale creazione di denaro dal nulla operata dal sistema bancario è identica alla creazione di moneta da parte di falsari. La sola differenza è che sono diversi coloro che ne traggono profitto”. (Maurice Allais, Premio Nobel per l’economia)
  “Fin dalla nascita le grandi banche agghindate di denominazioni nazionali non sono state che società di speculatori privati che si affiancano ai governi”. (Karl Marx, Il Capitale, 1885)
  “I politici non sono altro che i camerieri dei banchieri. – Un popolo che non si indebita fa rabbia agli usurai. – L’usuraio distruggerà ogni ordine sociale, ogni decenza, ogni bellezza”. (Ezra Pound, Poeta USA)
  L’Autore comincia con l’elenco delle “Sette sorelle dei mercati”, cioè quelle autorità  nazionali di controllo e garanzia, che dovrebbero controllare la regolarità dei mercati e impedire soprusi sui cittadini, ma che di fatto sono controllate dagli stessi organi che dovrebbero controllare. La prima, la BANCA D’ITALIA, il cui capitale per la maggioranza appartiene alle banche (il 44 % alla Intesa San Paolo e il 22 % alla Unicredit-Capitalia e così via). La CONSOB,  nata nel 1974 per garantire la correttezza e la trasparenza dei mercati, ma che essendo gestita da persone aventi interessi personali sul mercato, di fatto non può garantire con assoluta imparzialità alcunché, dato il loro madornale conflitto d’interessi. L’ANTITRUST,  nata nel 1990 per vigilare sulle intese restrittive della concorrenza e sugli abusi dominanti, e di sanzionare la pubblicità occulta e ingannevole. Essa ha dimostrato di essere la madre di tutte le Autorità indipendenti, con un’amministrazione pubblica che decide su base normativa senza subire ingerenze di Governo, Parlamento e potere economico. In effetti, era riuscita ad infliggere una multa di 360 milioni di euro al cartello assicurativo nel settore RC Auto per aver fatto pagare tariffe più alte rispetto a quelle scaturite da una reale concorrenza; ma la legge salvacompagnie approvata dal Governo Berlusconi nel febbraio 2003 ha evitato il rimborso dei danni arrecati agli assicurati a causa del cartello creato, per un controvalore di 4,2 miliardi di euro. Le altre autorità quali quella PER IL GAS E L’ENERGIA, l’ISVAP (istituto vigilanza assicurazioni private), DEI DATI PERSONALI (PRIVACY) e PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI,  in generale non svolgono il loro compito sempre con imparzialità ed efficacia, configurandosi spesso piuttosto come “garanti” degli interessi di coloro che dovrebbe controllare.
  Poi parla dello stato dell’informazione in Italia, controllata direttamente o indirettamente dal sistema bancario. Scrive testualmente: <<Cinque ristrette famiglie storiche del cosiddetto “capitalismo” italiano, aduso a privatizzare i profitti e a socializzare le perdite, controllano il 90 % della carta stampata,… un ferreo dominio dei grandi gruppi industriali e finanziari, dei “capitani d’industria” e dei banchieri, che hanno fatto dei giornali i “cani da guardia” dei loro esclusivi interessi economici invece che della libertà di stampa e della correttezza e trasparenza dell’informazione, il bene più prezioso per una democrazia. In Europa non c’è banca o assicurazione che sia azionista di grandi quotidiani o settimanali, a differenza dell’Italia…>>.  
  E della crescente commistione tra pubblicità e informazione. Scrive ancora: <<Il potere economico della pubblicità finisce per diventare una minaccia alla libertà di stampa, non solo per i vasti fenomeni di pubblicità occulta o mascherata… ma per le pressioni delle concessionarie, che investono solo se l’editore e/o il direttore del giornale (o del mezzo televisivo) accettano le loro condizioni: mimetizzare la pubblicità o l’informazione tramite i “redazionali”, per rimuovere l’innata diffidenza dei consumatori verso la propaganda o i mezzi pubblicitari. In questo modo, la vera finalità dei mezzi di comunicazione non è più quella di informare e formare la coscienza del cittadino, ma di formare il perfetto consumatore>>.
  Conclude parlando della schiavitù monetaria, citando prima una frase di J. W. Goethe che diceva: “Nessuno è più schiavo di chi si ritiene libero senza esserlo”. Il filosofo e studioso Giacinto Auriti (1926-2006), che presentò una proposta di legge al Senato sulla Proprietà popolare della moneta, diceva che: <<… i signori della moneta… si sono appropriati del diritto di stampare moneta a costo zero, lucrando il corrispettivo valore creato dai cittadini, che l’accettano come mezzo convenzionale di pagamento… illudendosi di essere proprietari dei soldi che hanno in tasca, mentre ne sono debitori. La banca, infatti, emette la moneta solo prestandola, sicché circola gravata di debito…>>. Prestare però è prerogativa del proprietario, che non è la banca ma il cittadino, <<… perché è lui che, accettandola, ne crea il valore; tanto è vero che, se si mette un governatore a stampare moneta in un’isola deserta, il valore non nasce perché, mancando la collettività, viene meno la possibilità stessa della volontà collettiva che causa questo valore… Quando la moneta era d’oro, chi trovava una pepita se ne appropriava senza addebitarsi verso la miniera. Oggi, al posto della miniera c’è la banca centrale; al posto della pepita, un pezzo di carta; al posto della proprietà, il debito…>>. Così oggi sono i banchieri, <<… i grandi usurai, che si appropriano del valore monetario, usandolo come mezzo di dominazione e imponendo all’umanità il signoraggio del debito. E’ necessaria la proprietà popolare della moneta… Le banche centrali (Federal Reserve, BCE, Banca d’Italia ecc.) sono state delegate dai singoli Stati nazionali a disciplinare l’emissione della moneta, per evitare che fosse appannaggio dei partiti e dei sistemi politici. Accade invece che siano proprio i banchieri a pagare i politici, per fare della moneta esattamente l’uso che si voleva evitare da parte dei politici… Le banche centrali hanno l’enorme potere di decidere l’emissione della moneta, così come nel Medio Evo erano i signori feudali titolari del diritto di battere moneta e di beneficiare del guadagno che ne derivava col “signoraggio”>>.
  L’Autore spiega che il termine signoraggio deriva dal francese seigneur, cioè signore. <<Oggi gli economisti intendono per signoraggio i redditi che la Banca Centrale e lo Stato ottengono, grazie alla possibilità di ricreare base monetaria in condizioni di monopolio…>>, che <<… è quindi la differenza tra quanto costa creare una moneta (valore intrinseco) e quanto il signore vuole farla valere (valore nominale o di facciata)>>. La Banca Nazionale Svizzera dice che produrre una banconota costa circa 30 centesimi, indipendentemente dal suo valore nominale; può essere da dieci o da mille franchi, il suo costo intrinseco è sempre di 30 centesimi.
  Per questo Henry Ford, imprenditore USA cofondatore della Ford Motor Company, disse: “Meno male che la popolazione non comprenda il nostro sistema bancario e monetario, perché se lo capisse, credo che prima di domani scoppierebbe una rivoluzione”. 
    
Angelo Lo Verme
Staff Siciliafan