Una scogliera che ricorda una nave arenata: la Scala dei Turchi, che forma dei gradoni sulla pietra calcarea, è stata scolpita da vento e pioggia dando vita ad uno spettacolo naturale di rara meraviglia.
Mentre le pecore brucavano l’erba il pastore si assopì. I belati familiari conciliavano il sonno. A svegliarlo fu un rumore di passi sull’erba che s’avvicinavano. Appena aprì gli occhi se lo trovò davanti: aveva una la barba corvina che gli arrivava fino al petto; due occhi neri come la pece; un turbante in testa da cui uscivano ciocche di capelli; un boccolo in ogni orecchio; uno sguardo da diavolo con un ghigno sulla bocca e la scimitarra che roteava sulla sua testa. Urlò, con tutto il fiato che aveva in gola, la frase che non avrebbe mai voluto pronunciare: “Mamma li turchi!”.
Possiamo immaginare lo svolgersi degli incontri fra gli agrigentini e i pirati che infestavano il Mediterraneo, razziando quel poco che le popolazioni locali possedevano. I “Turchi” erano abilissimi marinai specializzati nella “corsa”, battaglia priva di regole che aveva come unico obiettivo, saccheggiare. Storie e leggende si mescolano dando vita a qualche detto locale come “cu piglia ‘n turcu è ‘so” (chi prende un turco è suo e lo può tenere come schiavo), detto che gli agrigentini coniarono quando decisero di affrontare con forza e determinazione i “saracini”. Stanchi di dover vivere nel terrore per i saccheggi, o peggio ancora, di venire catturati e finire schiavi dei pirati, gli agrigentini decisero di reagire con forza infliggendo ai nemici una lezione talmente esemplare da sgomberare il loro mare per sempre dagli incursori. E se qualche pirata rimaneva sulla spiaggia mentre gli amici si allontanavano, chi lo catturava poteva trattenerlo e mandarlo a lavorare nei campi.
Fra le leggende, vi è quella degli scogli “u zitu” e “a zita” (fidanzato e fidanzata), che emergono poco distante dalla scogliera, la leggenda racconta la storia di due giovani che morirono in quel punto, tra le onde del mare. Dopo la loro morte emersero gli scogli che ricordano i due innamorati.
Una delle mete più semplici da raggiungere era “Punta di Majata”, oggi “Scala dei Turchi”, scogliera in territorio di Realmonte, protetta dai venti, al tempo priva di difese e dotata di una scala naturale che, dalla riva, consente di raggiungere facilmente la vetta grazie ai suoi gradini creati dall’erosione. Furono proprio le razzie dei corsari a dare il nome a questa scogliera, la cui notorietà si è accresciuta negli ultimi anni grazie al commissario Montalbano nato dalla penna di Andrea Camilleri.
La scogliera è costituita da roccia bianca sedimentaria, calcarea e argillosa, modellata dagli agenti naturali, che interrompe la continuità di una spiaggia dorata che si estende ai suoi fianchi. Si trova nel tratto di mare tra Porto Empedocle e Siculiana. Provenendo dalla statale la scogliera appare all’improvviso: l’incantevole vista della scala associata alle trasparenze del mare danno vita ad uno spettacolo naturale di rara bellezza.
La costa si raggiunge tramite un piccolo sentiero da cui ci si può inoltrare sino alla scogliera che appare come una nave inabissata per metà nella sabbia.Il contrasto che si crea a La Scala dei Turchi fa si che il cielo appaia più intenso e il mare mostri tutte le tonalità fra azzurro e verde; la sabbia dorata, la fioritura di diverse piante selvatiche, tutto sembra “magia”. Qui il tempo dedicato all’abbronzature vale per due: la pietra bianca, infatti, riflette la luce e raggiunge ogni angolo del corpo. Gli scalini, inclinati verso l’acqua, diventano sentieri che permettono di raggiungere la cima da cui ammirare il panorama.
La Scala dei Turchi potrebbe presto far parte dell’elenco dei beni sotto tutela dell’Unesco. Un riconoscimento in più per la Sicilia.
Galleria fotografica – Scala dei Turchi
La foto di copertina: Peppe Saieva