Il Parco dei Nebrodi, il più grande della Sicilia: un tripudio di boschi lussureggianti, vallate, laghi e corsi d'acqua dove la natura permette all'uomo di convivere nel reciproco rispetto.
Trovandosi nell'area nord-orientale della Sicilia, nessuno potrebbe mai immaginare di trovarsi al centro del Mediterraneo, dove boschi, valli e laghi avvolgono il visitatore. E' l'ultimo tratto dell'Appennino, appunto quello Siculo (formato da Nebrodi, Peloritani e Madonie), fra questi, i Nebrodi meritano il paragone con i rilievi della Svizzera.
Nebros significa cerbiatto, che testimonia un tempo in cui il territorio presentava una fauna leggendaria: cervi, daini, caprioli.
Boschi sconfinati, mestieri scomparsi, fauna allo stato brado. E' questa la cartteristica dei Nebrodi, sopravvissuti alla prepotenza del progresso.
Per conoscere meglio quest'isola di verde bisogna spostarsi al confine di tre province, Messina, Catania ed Enna. Tra Tirreno a Nord, Madonie ad Ovest, Etna ed Erei a Sud e Peloritani ad est, il territorio dei Nebrodi, con i suoi di 85 mila ettari di estensione, è tutelato da un Parco regionale, il più vasto dell'isola, in cui ricadono ventitré Comuni.
Uno dei periodi migliori per scoprirlo è l'autunno, quando i boschi cambiano pelle: lasciano la tipica colorazione verdeggiante per vestirsi di rosso, arancio, giallo, tinteggiando il paesaggio di una meravigliosa varietà di colori.
I Nebrodi, grazie al loro ambiente boschivo, ampie vallate, fiumare e zone umide, fanno sì che un ambiente ricco di diversità faunistica prenda vita. Qui si possono trovare il gatto selvatico, unico felino allo stato selvatico presente in Italia, la martora, il ghiro. Tra i rapaci si trovano le aquile, per le quali è attivo il telerilevamento nel nido, che permette di seguire il periodo che va dalla deposizione delle uova all'involo dei piccoli, e anche i grifoni, che sono stati reintrodotti da qualche anno, e circa dieci esemplari hanno già iniziato a nidificare.
In tanti si avventurano sino alle Rocche del Crasto per osservare il volo dei rapaci. Nei boschi, allo stato naturale, vivono il cavallo sanfratellano e il suino nero dei Nebrodi, il re della tavola.
I rilievi della catena montuosa presentano un doppio aspetto: Monte Soro (la vetta più alta con i suoi 1847 metri) che presenta un territorio dolce con cime arrotondate e presenta rocce argillose ed arenacee; aspro, quello delle Rocche del Crasto (1315 metri sul livello del mare) che presenta rocce calcaree che connotano un paesaggio quasi dolomitico.
I monti sono ricoperti da una vegetazione lussureggiante che si alterna nei diversi piani d'altitudine e comprende macchia mediterranea, querce e faggete.
Per conoscere i Nebrodi esistono percorsi di diversa difficoltà. Provenendo dalla statale 289 Cesarò – San Fratello, all'altezza del Rifugio Villa Miraglia, è piuttosto agevole raggiungere la vetta di Monte Soro da cui è possibile ammirare un panorama sconfinato: il Tirreno, da cui emergono le Eolie; il profilo dell'Etna che si fonde a Sud con le ultime propaggini degli Erei che si mischiano alle Madonie; ed infine, ad Est, la Serra del Re. Chi ha voglia di immergersi totalmente nelle atmosfere del Parco, può percorrere i settanta chilometri della Dorsale dei Nebrodi. Per gli amanti del trekking, si compie un percorso in tre giorni che consente di scoprire l'Urio Quattrocchi, il Lago Maulazzo, il Lago Biviere, il Bosco di Mangalavite e, in mezzo, una natura rigogliosa alimentata da fiumare e torrenti che la solcano. Per qualunque informazioni si può contattare la sede del Parco.
Per una conoscenza completa, non bisognerebbe tralasciare: il Lago Biviere, che in estate si colora di rosso grazie alla fioritura di una particolare alga; la Cascata del Catafurco (da Galati Mamertino) le cui acque precipitano da una parete alta circa 30 metri all'interno di una cavità detta Marmitta dei Giganti; il Lago Trearie (accessibile da Floresta e da Maniace) con i suoi 1435 metri sul livello del mare che rappresenta la zona umida più alta della Sicilia.
Oltre all'aspetto naturalistico, l'elemento umano caratterizza in modo unico il Parco dei Nebrodi. La mano dell'uomo ha creato un paesaggio costruito in armonia con l'ambiente circostante; la pietra locale, squadrata a blocchi, è stata utilizzata per edificare città, monumenti, ricoveri di montagna, portali, stipiti, capitelli serviti ad adornare le abitazioni.
Nel territorio sono presenti i segni del passaggio dei popoli diversissimi tra loro: dal Neolitico superiore ai giorni nostri. La sicana Krastos sorgeva sulle Rocche del Crasto; a Caronia si trovano i resti della sicula Kalè Actè; a San Marco d'Alunzio è ancora in ottime condizioni il Tempio greco di Ercole, trasformato successivamente in chiesa cristiana, i torrenti Caronia e Rosmarino che mostrano le arcate di ponti romani. L'arte figurativa dei bizantini è visibile nella chiesa di San Teodoro a San Marco d'Alunzio. Il castello di S. Filippo di Fragalà, tra Frazzanò e Longi è di origine normanna. Da non peredere, la visita alla Ducea di Nelson donata da Ferdinando III di Borbone all'ammiraglio Orazio Nelson nel 1799 (primo nucleo del 1173). Nel museo dei Nelson, fra i vari cimeli, la bottiglia e i bicchieri con cui l'ammiraglio brindò alla vittoria di Trafalgar.
Parlando di artigianato non si possono tralasciare le ceramiche di Santo Stefano di Camastra; i ricami a mano per tovaglie e lenzuola; le pezzare, tappeti e coperte realizzate su telaio con strisce di stoffa colorata.
L'attività portante dei Nebrodi si fonda su un viaggio attraverso il gusto di una cucina sobria ed essenziale, nata in un tempo in cui non si sprecava nulla. Tra i formaggi bisogna citare la Provola dei Nebrodi, originaria di Floresta, prodotta artigianalmente con latte vaccino e dalla classica forma a pera, da appendere legata, dolce o piccantina a seconda della stagionatura.
Di latte misto (vaccino-caprino) il canestrato dolce o piccante; la ricotta, preparata ancora con l'antica ricetta, che risale ai tempi di Omero, realizzata con latte di pecora, di vacca o misto e lattice di fico come innesto, da gustare fresca col siero, stagionata, salata, infornata.
L'altro gusto dei nebrodi proviene dagli insaccati e dalle carni. Dal suino nero si ottengono il tipico Salame di suino nero e anche il Salame Sant'Angelo che gode del marchio Igp (Indicazione geografica protetta), la cui produzione ebbe inizio con i Normanni intorno all'XI secolo; le carni a grana grossa, ma soprattutto il micro-clima della vallata di Sant'Angelo (poco oltre l'area protetta), regala il migliore salame siciliano.
Fra gli insaccati anche la fellata (condita col peperoncino caratterizza il salame di san Marco) e il Capocollo, con una variante affumicata.
Sedendosi alla tavola di una delle barracche (i locali tradizionali) dei Nebrodi, si gusterà il gustosissimo antipasto del contadino: salame, pecorino e fave crude (se la stagione lo consente) da accompagnare con fette di pane casareccio e le conserve di funghi, pomodoro e melanzane.
Tra i primi si potrà optare per maccheroni casarecci fatti amano (utilizzando il gambo del frumento) con sugo di carne di maiale conditi con pecorino o ricotta infornata ed alla pasta 'ncaciata (timballo di pasta con broccoletti e formaggio).
I secondi propongono grigliate di castrato (coste di agnellone) e di maialino (salsiccia, involtino, costoletta, puntine) ed il capretto al forno o fritto con le patate. Tra i contorni non si possono tralasciare le grigliate di funghi di bosco e la provola fritta. Un vero e prorpio trionfo è la pasticceria. Oltre ai dolci della tradizione siciliana, si possono gustare il latte fritto (crema di latte addensata passata in uovo e pangrattato); le paste di pistacchio di Bronte; i buccellati (biscotti farciti di fichi, noci, pinoli, scorze di arancia).
Fonte: http://www.hotelmarconi.sicilia.it
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