Tamarro origine e significato di una parola che tutti noi abbiamo sentito e utilizzato almeno una volta. Non tutti lo sanno, ma le radici di questo termine affondano nell’arabo tammār, cioè “mercante di datteri“. Lo sentiamo dire non solo nell’Italia meridionale, ma in diverse parti del nostro Paese.
Cosa vuol dire tamarro?
Quando si vuole indicare una persona dai modi e dall’aspetto rozzi, volgari o villani, si utilizza il termine tamarro. Un’espressione diffusa nel gergo giovanile che, tuttavia, si è estesa a ogni fascia d’età. Lo si sente dire in tutta Italia, con le dovute differenze legate ai dialetti, ma il significato non cambia.
Anzi, se proprio dobbiamo dirlo, c’è anche chi si chiede come si veste un tamarro o cosa lo caratterizzi. Insomma, più che una semplice parola, praticamente è diventato uno stile di vita (anche sospinto da personaggi di film e serie televisive). In Sicilia trova l’equivalente in tascio, gargio, zaurdo, zaurdu, torpo, cajordu e zambiru.
Può essere tamarro chi veste in un certo modo non proprio elegante o anche chi ascolta determinata musica. Non viene inteso proprio come un complimento: è tamarro, ad esempio, chi ascolta le sue canzoni preferite a un volume eccessivo, chi parla a voce alta e in modo sguaiato, chi sceglie un abbigliamento secondo alcuni “discutibile”.
Dal mercante di datteri al significato moderno
Se tutti, ormai, conoscono il significato della parola tamarro, in pochi sanno da dove deriva. Vi starete sicuramente chiedendo cosa c’entri la Sicilia e la risposta è presto detta. Anzitutto, le origini di questa parola sono mediorientali. Nella cultura e nella lingua araba, infatti, il “tammar” era il mercante di datteri maturi. Nel XIX secolo, il termine si lega al nome popolare della vite selvatica.
Il tamarro, dunque, nasce come un personaggio, di estrazione sociale solitamente bassa, il cui mestiere era umile, lontano dall’arte e dalla letteratura. Con il tempo, poi, il significato della parola si è decisamente allargato.
Il termine, partendo da quel significato, si è poi diffuso anche nella nostra regione, iniziando a indicare più genericamente i villani, cioè coloro che abitavano in campagna. Da qui la – poco cortese – associazione di idee con qualcuno molto rozzo. L’etichetta di tamarro viene affibbiata ancora oggi, ma ha poco a che vedere con gli abili coltivatori della terra! Ancora una volta una parola usata in Sicilia è fonte di tantissimi aneddoti.