Gli elimi, chi erano costoro e da dove venivano? Per rispondere a questa domanda dobbiamo attingere dalle fonti classiche ma anche dalle importanti scoperte archeologiche e linguistiche recenti.
Sappiamo bene che i principali popoli che vivevano in Sicilia prima dell’arrivo dei coloni greci nell’ VIII sec. a.C. erano: sicani, elimi, morgeti, ausoni e siculi.
Gli storici antichi che descrivono gli elimi, in particolare, sono vari: Ellanico, Tucidide, Licofrone, Apollodoro, Cicerone, Strabone, Virgilio, Filisto, giusto per citarne qualcuno. Le loro descrizioni su questo misterioso popolo sono quasi tutte concordi nell’ identificare la loro origine nell’antica Anatolia, invece Ellanico così li descrive: “Il popolo dei siculi lasciò l’Italia , alla terza generazione prima degli avvenimenti troiani, essendo il 26° anno del sacerdozio di Alcione in Argo, furono due gruppi che andarono verso la Sicilia, il primo fu degli elimi che vennero cacciati dagli enotri, cinque anni prima che gli ausoni (=siculi) fuggissero gli japigi, re degli ausoni era Sikelos”. Da questo testo si deduce che essi approdarono in Sicilia prima della guerra di Troia, più o meno nel 1270 a.C. e non solo, che gli elimi, siculi e ausoni (aggiungo anche i morgeti anche se non presenti nella descrizione) erano in realtà un unico popolo italico, avendo nomi diversi proprio perché arrivarono in Sicilia a diverse ondate ed in diverse aree : gli elimi (in Sicilia nordoccidentale) ausoni (isole eolie), morgeti (Morgantina nell’entroterra) e i siculi (Sicilia orientale). Adesso riporto la descrizione dello storico ateniese Tucidide: “Espugnata che fu Ilio (Troia), alcuni dei troiani sfuggiti agli achei approdarono con le loro imbarcazioni in Sicilia, ove si stabilirono ai confini dei sicani, e tutti insieme ebbero il nome di elimi; Erice e Segesta furono le loro città. Ad essi si aggiunsero e con loro abitarono alcuni dei focesi che, al ritorno da Troia, erano stati dalla tempesta sbattuti prima in Libia e di là poi in Sicilia”. Lo stesso Virgilio nella sua Eneide ci racconta di come Enea prima di recarsi verso il Lazio passò in Sicilia ed ebbe riparo proprio presso gli elimi per comunanza di stirpe. Allora perché i soli Ellanico e Filisto, parlano di un’origine italica di questo popolo contrariamente a tutti gli altri storici? Perché gli elimi e gli stessi romani si facevano discendere dai troiani provenienti proprio dall’Anatolia? Qual’ era la loro origine? Italica o anatolica? Le ricerche archeologiche ci rispondono.
Tutte le scoperte archeologiche dimostrano che gli elimi, così come i siculi, non scacciarono e distrussero la precedente cultura sicana (civiltà di Thapsos) che occupava tutta la Sicilia da est a ovest, ma piuttosto si fusero ad essa importando dei nuovi elementi decorativi che possiamo ammirare nei vari frammenti di ceramica, ritrovati nella “discarica di grotta Vanella” presso Segesta ad esempio! Infatti dal punto di vista artistico c’è una certa continuità e somiglianza in tutta l’isola. I sicani quindi furono assorbiti e si fusero con gli italici, anche se la loro cultura propria resisti’ più a lungo a Pantalica, nella Sicilia orientale, e a Sant’ Angelo Muxaro (ultimo baluardo sicano).
Dal punto di vista linguistico, come afferma il prof. Luciano Agostiniani, la lingua degli elimi si presenta senza alcun dubbio come una lingua indoeuropea, e con molta probabilità, ha dei tratti italici, il che confermerebbe anche la versione di Ellanico circa la loro parentela coi Siculi
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Essi erano quindi un popolo italico ma, procedendo a ritroso nel loro arrivo in Sicilia, prima di approdare nella penisola italiana possiamo ritrovare nei Balcani delle popolazioni illiriche chiamate: segestani e siculoti , ed infatti proprio nell’ odierna Albania nell’antica città di Butrinto ritroviamo uno stile di costruzione delle mura pressoché identico a quello delle mura elime di Erice, e non solo, anche della capitale degli ittiti (popolo anatolico indoeuropeo) Hattusa, che si trova nell’odierna Turchia. Ed è proprio qui nell’antica Anatolia il luogo dalla quale partì un nucleo di queste popolazioni di cultura indoeuropea che approdarono in Sicilia non direttamente ma attraverso i Balcani e l’Italia.
Le città principali degli elimi furono tre: Segesta capitale politica e culturale, Erice principale centro religioso ed Entella.
La mitica fondazione di Segesta ci dice che: il re troiano Laomedonte aveva scatenato le ire del Dio Poseidone, per non averlo ripagato dell’aiuto dato da quest’ ultimo per la costruzione delle mura della città di Troia. Poseidone allora gli ordinò di dare in pasto sua figlia Esione ad un mostro marino, ma il caso volle che Eracle si trovò a passare nel luogo del sacrificio e salvò la principessa. Allora fu imposto ai troiani di sacrificare ogni anno al mostro una giovinetta. Il principe troiano Ippoteo temendo questo crudele destino per la sua giovane e bellissima figlia Egesta preferì farla salire su una barca carica di provviste ed affidarla alla benignità dei flutti. Subito si alzò una leggera brezza proveniente dai Dardanelli che sospinse la piccola imbarcazione per mare nei pressi della foce del fiume Krìmissos (oggi San Bartolomeo), da cui il dio fluviale, scorta la bella fanciulla, decise di tramutarsi in un cane e andò verso la ragazza che, amando questi animali, lo accarezzò dolcemente. Poi stanca del viaggio si addormentò appoggiata ad un albero accanto la divinità tramutata. Nel sonno ebbe strane visioni e nove mesi dopo diede alla luce due bambini Eolo (da non confondere col dio dei venti) ed Aceste. Quest’ultimo costruì una città sulle rive del fiume che gli era stato padre e, siccome era un figlio rispettoso, la chiamò Egesta, dal nome della madre. Egli successivamente accolse Enea che era lì giunto fuggendo da Troia in fiamme, e lo stesso Enea fu felice di essere ospite da gente della sua stessa stirpe e lingua.
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Questo mito lo ritroviamo sempre raffigurato nella monetazione di Segesta, c’è sempre la figura del cane (tra l’altro animale sacro anche per i siculi), e quello di una donna nelle rispettive facce. Segesta ebbe un ruolo così grande, nella Sicilia dell’epoca, da influenzare anche le vicine città di origine punica, Mozia e Panormos, che adottarono lo stesso tipo di monetazione con medesime figure.
Il nome elimi deriva dal personaggio mitologico Elimo, egli era secondo alcuni autori, un fratellastro di Enea, quindi figlio di Anchise, che avrebbe fondato molte città nella Sicilia occidentale insieme ad Aceste, secondo il V libro dell’Eneide egli invece non sarebbe un parente di Enea ma un suddito di Aceste che avrebbe partecipato ai giochi funebri in onore di Anchise che fu sepolto ad Erice.
Per quanto riguarda i rapporti che gli elimi ebbero coi punici questi furono esclusivamente di natura politica e spesso molto altalenanti: gli elimi volevano mantenere la loro indipendenza nei confronti dei greci che già avevano colonizzato tutto il resto della Sicilia, assorbendo ed ellenizzando gli altri popoli italici precedenti. In parte ci riuscirono, anche se essi stessi si fusero coi greci, ne sono la prova sia lo stile architettonico dell’imponente Tempio dorico di Segesta (che aveva una cella interna contrariamente a quanto si pensava in passato), che le stesse iscrizioni in lingua elima che sono in alfabeto greco selinuntino, e le monetazioni che dalla sola lingua elima passarono al bilinguismo elimo greco finendo per adottare solo il greco. Anche se proprio con Selinunte, città greca sempre nel trapanese, si scatenarono numerose guerre per questioni matrimoniali e di confine. Proprio queste guerre furono la causa delle alleanze con Cartagine, che in realtà venne invitata ad intervenire proprio da Selinunte inizialmente, per poi schierarsi con Segesta che probabilmente offriva di più. Ma alle fasi di alleanza seguivano quelle di conflitto, quando Dionisio I di Siracusa attaccò e distrusse Mozia anche gli ericini lo supportarono militarmente, e non bisogna dimenticare l’occupazione cartaginese di Entella che provocò l’evacuazione tutti i suoi cittadini (elimi) che vennero ospitati da numerose città siceliote (tra le quali Enna, Gela, Segesta e Makella). Questo importante avvenimento è testimoniato dai famosi decreti di Entella che sono delle tavole di bronzo con delle iscrizioni con la quale gli entellini ringraziano a perenne memoria le città che li avevano accolti, i decreti furono posti nel bouleuterion e nel santuario di Hestia ad Entella, quando i suoi abitanti rientrarono dall’esilio forzato circa 10 anni dopo. Questo potrebbe spiegare anche la mancanza di commistione tra elimi e cartaginesi e la totale mancanza di reperti cartaginesi nella “capitale” elima Segesta. Ricordiamo che gli elimi ebbero anche altri alleati come Atene e, successivamente, Roma allo scoppio della prima guerra punica. E i romani ebbero grande rispetto di Segesta esentandola dalle tasse, che invece colpivano quasi tutte le altre città siceliote, ricordandone anche le origini comuni.
Mauro Corso
Fonti: Gli Elimi (Associazione Nazionale “Ludi di Enea”)
La Storia dei Siculi fin dalle loro origini (Claudio D’Angelo)
Sicani, Siculi, Elimi (Rosa M. Albanese Procelli)