Bagheria sorge nella valle della Conca d’Oro, tra i due golfi di Palermo e Termini Imerese. Dista circa 13 chilometri da Palermo e si trova a 85 metri sul livello del Tirreno, circondata dai monti Alfano, Giancaldo, Consuono e dalla splendida marina di Aspra. Completano il paesaggio la Montagnola di Serradifalco (alta 165 metri) e la collinetta di Valguarnera (135 metri). Il nome Bagheria, secondo varie fonti, ha origine dal termine fenicio Bayharia “zona che discende verso il mare”. Le prime strutture edilizie si sviluppano lungo la costa intorno al XV secolo, sotto forma di torri d’avvistamento. Attorno ad esse sorgono i primi casolari dei braccianti che lavorano nelle terre dei nobili. Nel 1658 Giuseppe Branciforti, conte di Raccuja, in seguito ad una cocente delusione politica per la mancata nomina da parte del governo spagnolo, quale vicerè di Palermo, decide di ritirarsi a Bagheria, dove costruisce Villa Butera che diventerà la sua dimora definitiva. Ha origine così la città di Bagheria che conduce in campagna oltre ad un personaggio così importante anche lo spostamento di una piccola corte che trae sostentamento dalle ricchezze del Branciforti. Nel 1769 Salvatore Branciforti, principe di Butera, nipote del conte di Raccuja, realizza il primo schema urbanistico di Bagheria. Egli costruì prima un grande edificio addossato al castello medievale; per congiungere il Palazzo Butera con la nuova via Palermo-Messina, fece tracciare poi il grande corso principale denominato “corso Butera”; ortogonalmente a questo tracciò un altro largo corso fino ai “pilastri” che delimitavano i suoi possedimenti. Sistemò infine il centro urbano con l’edificazione della Chiesa Madrice che fa da fondale allo “Stradonello” (l’attuale corso Umberto I). Successivamente, nel 1797, Ercole Michele Branciforti, figlio di Salvatore Branciforti, fece costruire nella pineta retrostante il castello, l’originale “Certosa”, un padiglione neoclassico che raccoglieva un bizzarro museo del costume con figure in cera di monaci certosini, eseguiti dal Ferretti, alle quali diedero anche volto alcuni celebri personaggi del tempo. Della Certosa non esiste più nulla, solo parte delle mura perimetrali tra cipressi ormai polverosi e rinsecchiti. Dopo la costruzione del castello dei Branciforti, l’espansione urbana e suburbana di Bagheria ebbe un grande sviluppo con l’edificazione di quasi tutte le sontuose ville, i castelli ed i palazzi dei nobili signori della Sicilia. Bagheria divento' così il luogo privilegiato delle villeggiature dell'aristocrazia palermitana. Purtroppo molto e' andato distrutto, i parchi delle ville sono stati sacrificati alla crescita di un disordinato agglomerato urbano, e di alcune costruzioni non resta che il ricordo. Il paese divenne comune autonomo (con l’annessa frazione dell’Aspra marinara) il 21 settembre del 1826, grazie ad un decreto reale firmato da Francesco I. Gli abitanti erano 5349. Vari cenacoli di cultura promuoveranno un rinnovamento intellettuale, seguito da un’intensa attività giornalistica che porterà alla nascita del giornale “L’Alba Soluntina” diretto da Gioacchino Guttuso Fasulo, padre del pittore Renato; successivamente altri giornali. Molto attivo sarà l’artigianato: famosa la bottega di Emilio Murdolo, maestro di Guttuso.
Pensata come luogo di svago e di villeggiatura, fu costruita nel 1715 dal principe di Palagonia, Francesco Ferdinando Gravina e Bonanni. Alla villa si arriva attraverso un lungo viale, dopo aver attraversato due archi di trionfo, il primo dei quali, originariamente chiamato dei “tre portoni”, non è più visibile; il secondo corrisponde all’attuale arco della Santissima Trinità, recentemente restaurato dall’amministrazione comunale. Al palazzo si accede salendo un maestoso scalone esterno. Due grosse statue di nani sembrano sorvegliare l’ingresso opposto a quello principale, al quale si accede da Piazza Palagonia. Le mostruose caricature, che ritraggono amici e frequentatori dei trattenimenti a palazzo, furono costruite dal principe Gravina di Palagonia junior, Francesco Ferdinando II, brutto e deforme, forse per vendetta contro il Fato (fu lo stesso principe che migliorò il feudo di Fiumefreddo ed ebbe il dominio di Calatabiano e Piedimonte Etneo). Lussuosi marmi scolpiti dal Gagini, raffiguranti il principe e persone di famiglia, decorano le pareti del meraviglioso salone di ricevimento. Il soffitto invece è ornato di specchi e vetri dipinti. Decorata con bellissimi marmi a colori, mosaici e specchietti, artistici mensole e vasi è anche la loggia coperta, molto ammirata dai visitatori. Goethe racconta con sdegno e meraviglia le stranezze del palazzo. Una di queste per esempio erano le sedie, i cui piedi erano segati in modo disuguale così che esse rimanessero zoppe. Oppure Houel ci riferisce che vi erano sedie e poltrone talmente inclinate in avanti che bisognava fare molti sforzi per evitare di scivolare e cadere. Lo stesso custode avvertiva di fare attenzione alle sedie più solide perché sotto i velluti si nascondevano spilli e spuntoni. La costruzione della villa costò al principe di Gravina centomila scudi. Oggi il palazzo, monumento nazionale di proprietà privata, è in pessimo stato di manutenzione.
Villa Cattolica
In prossimità dell’ingresso del Comune di Bagheria, in un’incantevole zona circondata dal verde, si erge austera Villa Cattolica. Costruita nel 1736 da Francesco Bonanno, principe di Cattolica, la villa, circondata da alte mura merlate, appare come un castello di grande mole con un’artistica architettura barocca. Esso si presenta di forma quadrangolare con due esedre parallele, una delle quali accoglie lo scalone; l’altra un’ampia terrazza con loggiato sottostante, recentemente recuperato dal comune di Bagheria. Guardando verso la parte superiore del fronte in cui si svolge lo scalone, sopra il balcone centrale, si può osservare lo stemma di Giuseppe Bonanni e Filangeri, principe di Cattolica, e l’incisione della data di edificazione del palazzo. Dal 1973, in seguito ad una generosa donazione di opere del maestro pittore Renato Guttuso a Bagheria, il piano nobile è la sede della Galleria d’arte moderna e contemporanea. Dal 1990, nell’esedra settentrionale è stato collocato il sarcofago monumentale, disegnato dall’amico fraterno Giacomo Manzù, che accoglie le spoglie di Guttuso. Al piano terra operano da qualche anno, un laboratorio teatrale e due antiche “putìe”: quella dei pittori di carretto dei fratelli Ducato, e quella del maestro Durante, scultore della pietra d’Aspra. Dal 1988 la Villa è di proprietà comunale.
Villa Villarosa
Don Placido Notarbartolo, duca di Villarosa, dà inizio alla costruzione della villa, alle falde del monte Giancaldo, intorno al 1770. I lavori vengono iniziati su progetto dell’architetto di famiglia Venanzio Marvuglia e poi seguiti via via da altri architetti fino alla fine dell’Ottocento. La villa è una costruzione rettangolare a due piani, e presenta all’ingresso principale un grande portico in stile corinzio, ad otto colonne, al quale si accede da un’ampia scalinata in tufo arenario. Di particolare eleganza è il prospetto rivolto verso Bagheria; molto più severo quello verso Palermo, caratterizzato da pilastri che sorreggono la cornice triangolare. La facciata principale ha cinque aperture che danno nel salone di ricevimento, che funge da disimpegno a tutti i vani del piano terra. Il palazzo ha uno scantinato, un piano rialzato e un piano nobile. Da una scala interna, con balaustra in ferro, si accede al piano superiore costituito da diverse sale convergenti sul ballatoio, che si affaccia sul salone centrale. Lo stile dell’edificio è ispirato al neo-classicismo, con richiamo ai canoni dell’arte greca, e privo di elementi barocchi. Nel 1911 la villa fu data in affitto ad un collegio di padri Gesuiti che realizza rono all’interno una serie di interventi che modificarono l’assetto originario.
Palazzo Butera
Posto proprio in fondo al magnifico corso omonimo, il Palazzo Butera fu edificato nel 1658 da Giuseppe Branciforti, principe di Pietraperzia e di Leonforte, che, stanco ed amareggiato per le avverse politiche militari, decise di abbandonare Palermo e di trasferirsi definitivamente a Bagheria. Il castello, di stile medievale, è protetto ai due lati da due torri merlate e presenta due ampie scalinate: una al fronte sud e l’altra al lato est. I due fronti avevano un cortile antistante, costeggiato da casette basse e strette. Il portale sopra la scalinata est è di stile cinquecentesco. Sull'ingresso del castello, per non lasciare dubbi sul suo desiderio di isolamento, il principe Branciforti fece incidere la scritta "O corte adio". L’ingresso retrostante presenta una grande decorazione a rilievo, che incornicia il busto, del fondatore. Anticamente si accedeva al castello dalla via degli Oleandri (oggi Ignazio Lanza di Trabia).
Palazzo Cutò Il palazzo fu costruito nella prima metà del Settecento. Ad esso si accede dall’antica via Consolare. L’emblema araldico della casata è rappresentato dai busti di leoncello posti a decorazione dei timpani delle finestre. Gli ambienti, con le loro vistose decorazioni e rivestimenti in marmo rosso, assumono un tono di elegante gusto estetico con i resti di decorazioni che rivestono le volte dei soffitti. Lo scalone, a doppia rampa, racchiuso in un vero cortile di palazzo è uno dei pochi esempi di scalone monumentale coperto che si incontri nelle ville di questo periodo. Il palazzo, costituito da un grande complesso quadrilatero, è sormontato da una vasta terrazza coperta, dalla quale il principe godeva il panorama e ammirava con gli amici della nobiltà i fuochi d’artificio del “Festino” di S. Rosalia a Palermo. Oggi il palazzo è sede della biblioteca comunale.
Fonte: http://www.siciliantica.it