Catania e Sant’Agata: la Tavola dell’Angelo.
- C’è una promessa, scritta su una tavoletta, che lega indissolubilmente la città di Catania alla sua patrona.
- Nel corso dei secoli, ci si è affidati a quella promessa, consegnata da un angelo.
- Ecco la storia della tavola, avvolta dalla leggenda.
La devozione dei cittadini di Catania verso Sant’Agata è da sempre molto forte. Alla sua patrona la città si è affidata in passato – e continua a farlo – in concomitanza degli eventi più pericolosi. I catanesi, fiduciosi nella promessa scritta sulla tavola dell’Angelo, hanno invocato così aiuto e protezione. Per più di quindici volte, dal 252 al 1886, Catania è stata salvata dalla distruzione della lava. Ed è poi stata preservata nel 535 dagli Ostrogoti, nel 1231 dall’ira di Federico Il, nel 1575 e nel 1743 dalla peste. Ma qual è la storia della tavoletta? Per raccontarla, bisogna addentrarsi nel territorio della leggenda, che si mescola ai fatti storici.
Significato dell’iscrizione sulla Tavola di Sant’Agata
Agata morì a Catania, nel 251 d.C. La sua morte fu testimonianza di fede e i primi cristiani raccolsero con devozione il suo corpo, cospargendolo di aromi e oli profumati. Seguendo un’usanza in voga all’epoca, deposero il corpo della martire in un sarcofago di pietra, che da allora è stato grande oggetto di culto a Catania. Si narra che, quando il sepolcro stava ormai per essere chiuso, si avvicinò un fanciullo, vestito di seta bianca. Insieme a lui c’erano altri cento fanciulli. Presto, quel giovinetto vestito di bianco venne identificato con un angelo: depositò presso il capo di Agata una tavoletta in marmo, riportante un’iscrizione: “M.S.S.H.D.E.P.L.”. Quella successione di lettere sta per: “Mens santa spontanea, honori Dei et patraie liberationi” (cioè: “Mente santa e spontanea, onore a Dio e liberazione della patria”).
L’iscrizione è detta anche “elogio dell’angelo” ed è la sintesi delle caratteristiche della patrona di Catania, oltre che una solenne promessa di protezione della città. La Tavola dell’Angelo si trova oggi a Cremona, nella Chiesa di Sant’Agata. È spesso riprodotta nelle immagini sacre e nelle statue dedicate alla santa. Si trova anche sulla facciata della Cattedrale di Catania, insieme all’acronimo “N.O.P.A.Q.V.I.E.” (“Noli offendere Patriam Agathae quia ultrix iniuriarum est”, cioè “Non offendere il paese di Agata, perché è vendicatrice di ogni ingiustizia”).