Non si finisce mai di conoscere le leggende della Sicilia. Facciamo tappa nel Catanese, per raccontarvi una vicenda risalente al 1408. Fu proprio allora, infatti, che la regina Bianca di Navarra, vedova del re Martino, divenne reggente del Regno di Sicilia. Bernardo Cabrera, conosciuto come Conte di Modica e Gran Giustiziere del Regno, per accrescere il suo potere iniziò a corteggiare la Regina. La seguiva ovunque: a Catania, a Siracusa e anche a Palermo. Lei, però, non ne voleva sapere. Lo rifiutò più di una volta e, stanca della sua insistenza, a un certo punto decise di trovare una soluzione definitiva. Si rivolse al suo fedele ammiraglio, Sancio Ruiz de Livori, che catturò il conte di Modica. Il conte venne rinchiuso all’interno del castello di Motta Sant’Anastasia. All’inizio, venne rinchiuso in una cisterna, ma questa per vari temporali si riempì d’acqua e rischiò di annegare. Fu quindi spostato in una stanza della torre, controllato a vista.
Arrivati a questo punto, la fantasia si mescola un po’ alla storia, come spesso accade quando si raccontano le leggende siciliane. Si dice che, d’accordo con Sancio, Bianca di Navarra mise a punto un piano beffardo. Disse a Jana, una damigella di corte, di farsi assumere al servizio di Bernardo Cabrera. La giovane avrebbe dovuto travestirsi da paggio ed entrare nelle grazie del conte, convincendolo a progettare la fuga dal castello, per tornare a corteggiare la regina. Il Conte, manco a dirlo, ci cascò. Una notte la damigella lo fece travestire da contadino e lo fece calare da una finestra del castello con una corda. All’improvviso, però, Jana mollò la corda e il Conte cadde in una rete. Rimase al freddo per tutta la notte.
Al mattino i contadini lo trovarono e lo scambiarono anche per un ladro. Intanto Jana aveva ripreso i suoi abiti femminili e, dopo aver rivelato la sua identità, mandò il Conte come prigioniero al Castello Ursino di Catania. Qui si spense ogni passione per la Regina Bianca di Navarra. Così termina la leggenda, anche se non si è certi del fatto che Jana sia una donna. Secondo alcuni, infatti, sarebbe stato semplicemente il custode della prigione e il nome “Jana” deriverebbe dal latino “janus“, cioè “falso/doppiogiochista”.