Maestoso, dal profilo inconfondibile: è il Monte Cofano, che divide il golfo di Bonagia dal Golfo di Macari. Rientra nella Riserva Naturale orientata Monte Cofano ed è stato attestato con questo nome dal 1377. L’etimologia deriva dal greco kóphinos («cesta») in riferimento al particolare andamento orografico del monte. Sulla sua sommità ci sono i ruderi di un edificio di guardia risalente agli inizi del XV secolo, munito di cisterna.
Alla base del monte sono presenti due torri del tardo XVI secolo, quella di San Giovanni e quella della tonnara di Cofano. Questo sistema di torri costiere era comunicante tra loro. Verso nord-est era visibile la torre dell’Isulidda; in direzione sud-est erano possibili comunicazioni con torre Muzza Dal lato opposto con quelle della Tonnara di Bonagia e della Tonnara San Giuliano.
Monte Cofano: la leggenda
Sul Monte Cofano esiste una curiosa leggenda, che vede opporsi i trapanesi e i custonacesi. Due compari pensarono di legare la montagna a una fune, per trascinarla fino a Trapani. Da qui derivò l’espressione “Tira cumpari chi Cofanu veni“, che si utilizza per indicare un’impresa impossibile.
L’enorme sforzo, infatti, provocò la rottura della corda e la caduta in mare dei due compari. Gli abitanti di Custonaci, quando vennero a sapere del tentativo di furto, misero a guardia un loro “custode” di fiducia.
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I trapanesi desistettero dal loro proposito e la delusione fu tale che i due compari inviarono un demone malvagio per lanciare su monte Cofano e sulla stessa Custonaci tante saette infuocate per distruggerne la stessa memoria. Il progetto venne ostacolato dall’intervento divino che salvò miracolosamente Cofano e Custonaci, facendo deviare le saette infuocate in altre località.
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Una delle saette colpì il custode che si pietrificò. Un’altra colpì la località di Bufata, lasciando un’enorme voragine. L’uomo pietrificato è una sporgenza calcareo-sedimentaria di monte Cofano, visibile a occhio nudo sul versante sud-ovest. Per gli abitanti di Custonaci, rimarrà sempre il custode della Montagna.
Foto di Rosario Cusenza