La grotta Calafarina si trova nella frazione marinara di Marzamemi ed è un luogo carico di fascino e mistero. Proprio a questa grotta, infatti, sono collegate non una, ma ben tre leggende, che oggi vedremo insieme.
La prima chiama in causa Ben Avert, emiro arabo di Noto, che nel 1086 morì in combattimento contro i Normanni. Caduta la città, la vedova dell’emiro, salita insieme al figlio su una carovana di 30 persone e cento muli carichi di tesori, si avviò verso Marzamemi, alla volta dell’Egitto.
Prima di salpare, però, fece nascondere il tesoro nelle viscere della terra, dentro la grotta di Calafarina. Gli schiavi che lo interrarono furono uccisi, ma si dice che le loro anime siano rimasti a guardia della grotta. Ancora oggi si crede che nelle notti di febbraio i loro spiriti invochino il nome di chi può togliere l’incantesimo e liberarli.
Della grotta di Calafarina si parlava anche all’epoca degli arabi. Pare, infatti, che in quel periodo esistesse un castello in stile moresco proprio sulla grotta. Il generale bizantino Maniace lo conquistò e la figlia Zoraide andò ad abitarci. La ragazza visse circondata da tesori, tra cui le reliquie di Santa Lucia.
Maniace, intanto, aveva sposato Zoe, che aveva però ordito un piano con il nuovo imperatore Costantino per farlo uccidere. Prima di morire, Maniace, volle rivedere la figlia a Calafarina, e fu allora che le insegnò il modo di porre sotto incantesimo tutti i suoi tesori.
Il figlio del generale arabo un tempo proprietario di Calafarina, Sidnar, si innamorò perdutamente di Zoraide dirigendosi verso la grotta. Durante una battaglia il ragazzo e Zoraide morirono, ma si dice che i tesori siano rimasti dentro la grotta perché protetti dall’incantesimo.
Prima di morire la fanciulla gettò in mare un anello incantato che, inghiottito da un pesce, gli conferì il dono dell’immortalità, anche perché il suo unico nutrimento sono dei rari frutti marini. Solo chi avesse trovato tali frutti e fosse riuscito a catturare il pesce, sarebbe diventato il padrone del tesoro di Calafarina.
La terza leggenda racconta del re Varvalonga, che aveva inviato in Sicilia un certo Cala Farina, suo primo ministro, in qualità di viceré. Cala Farina, invece che governare si arricchì a spese del popolo, accumulando tesori dentro la grotta. Quando il re lo mandò a chiamare, Cala Farina impose alla figlia di proteggere il tesoro e di uccidersi nel caso in cui non fosse tornato.
Cala Farina fu ucciso e quando la figlia vide il colore delle vele delle navi, segno che il padre non era più vivo, si uccise ed il tesoro rimase per sempre sotto incantesimo. Incantesimo che potrà essere sciolto solo se qualcuno sarà in grado di pronunciare le esatte parole che la figlia di Cala Farina disse prima di togliersi la vita.