Leonardo Sciascia, alla scoperta delle opere, della vita e del pensiero del grande scrittore siciliano. Giornalista, saggista, drammaturgo e poeta, fu anche politico, insegnante di italiano e critico d’arte. Quale eredità ci ha lasciato.
Con il suo spirito libero e anticonformista, l’autore siciliano fu un fondamentale intellettuale italiano. Criticò senza mezzi termini il suo tempo e riuscì ad affermarsi come una delle più autorevoli figure del Novecento in Italia. Ancora oggi i romanzi di Leonardo Sciascia sono un corpus di opere di riferimento.
Fu il primo a raccontare il fenomeno mafioso in libri come “Il giorno della Civetta” o “A ciascuno il suo“. Scrivere, per lui non era un lavoro, poiché la lettura era una gioia. A chi lo accusava di pessimismo, rispondeva che continuare a scrivere era un atto di ottimismo. Con la sua attività ha dato vita a romanzi, racconti, saggi, commedie e poesie. In più occasioni si schierò politicamente.
Sciascia nasce a Racalmuto, in provincia di Agrigento, l’8 gennaio del 1921. Ha due fratelli. Il padre Pasquale è impiegato, la madre Genoveffa è casalinga. Cresce circondato da zie e zii, che animano la casa di via Regina Margherita, 37 (strada che gli è stata intitolata). Nel 1935 la famiglia si trasferisce a Caltanissetta.
Qui frequenta l’istituto magistrale. Tra i suoi insegnanti c’è Vitaliano Brancati, che figura fondamentale nell’istruzione del futuro scrittore. Legge gli autori francesi e forma la propria coscienza civile sulle opere di Voltaire, Montesquieu, Cesare Beccaria, Pietro Verri. A Caltanissetta vive gli anni più importanti della sua vita.
Esonerato per due volte alla visita di leva, alla terza viene assegnato ai servizi sedentari. Nel 1941 si diploma e, nello stesso anno, si impiega al Consorzio Agrario, occupandosi dell’ammasso del grano a Racalmuto. Vi rimane fino al 1948, costruendo un forte legame con la realtà contadina.
Nel 1944 sposa Maria Ardonico. Insieme hanno due figlie, Laura e Anna Maria. Quattro anni dopo affronta il dolore del suicidio del fratello Giuseppe. Nel 1957 va a Roma, dove lavora presso il Ministero della pubblica istruzione. Questa esperienza dura un anno. Torna, dunque, a Caltanissetta con la famiglia e diventa impiegato di un ufficio del Patronato scolastico.
Nel 1967 si trasferisce a Palermo per seguire gli studi delle figlie e per scrivere. Inizia due anni dopo a collaborare con il Corriere della Sera. Nel 1970 va in pensione. Dopo un’intensa attività di scrittura e di impegno politico, alla metà degli anni Ottanta gli viene diagnosticato il mieloma multiplo. Va a Milano per le cure necessarie e, da lì, continua la sua attività di scrittore. Muore il 20 novembre del 1989, a Palermo.
L’esordio letterario di Leonardo Sciascia è datato 1950, quando pubblica Favole della dittatura. I protagonisti sono degli animali, ma le morali sono molto chiare e si riferiscono alla storia appena trascorsa. Nel 1952 pubblica il libro di poesie La Sicilia, il suo cuore: un’opera illustrata con disegni di Emilio Greco, scultore catanese.
Collabora con diverse testate giornalistiche e vince numerosi premi letterari. Dopo la pubblicazione di diversi racconti a sfondo politico o dedicati ad alcuni grandi classici della letteratura, nel 1961 Sciascia pubblica Il giorno della civetta, inaugurando una nuova stagione del giallo italiano contemporaneo.
Sempre negli anni Sessanta pubblica anche Il consiglio d’Egitto e A ciascuno il suo. Nel 1971 torna al genere poliziesco con Il contesto. Nel 1973 pubblica Il mare colore del vino e l’anno successivo esce Todo modo, un libro che parla “di cattolici che fanno politica”, sollevando un grande polverone.
Attraverso Vitaliano Brancati, Leonardo Sciascia conosce le grandi figure del pensiero e della letteratura francese. Tra le sue letture più care ci sono anche anche Gogol, Pietro Gobetti, Antonio Gramsci, Ernest Hemingway, Fëdor Dostoevskij, Federico García Lorca e Stendhal.
Nel suo bagaglio culturale ci sono anche Luigi Pirandello, a cui dedica numerosi saggi, e Alessandro Manzoni. Si confronta con Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Partendo da quella visione “fatalista” della terra siciliana, consolida il suo fervore illuministico, fuggendo da quella forma di “abbandono” dell’autore del Gattopardo.
Leonardo Sciascia è animato da una grande passione politica. Diventa consigliere comunale a Palermo dal 1975 al 1977, per il Partito Comunista Italiano. All’inizio del 1977 si dimette dalla carica di consigliere del Partito Comunista Italiano, perché contrario al compromesso storico. Dal 1979 al 1983 è deputato in Parlamento per il Partito Radicale. Simpatizza, infine, per il Partito Socialista. P