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L’archeologia navale in questi ultimi anni ha fatto luce sui vari aspetti della navigazione, delle tecniche costruttive e del commercio marittimo nell’antichità, offrendo un valido impulso anche allo studio e all’interpretazione funzionale di tutti quegli oggetti che non si annoverano al carico ma all’organizzazione della vita di bordo dei naviganti.
Dagli scavi dei relitti di imbarcazioni antiche, infatti sono stati recuperati manufatti e attrezzature di bordo, quali ad esempio arnesi di carpenteria per riparare quei piccoli danni o avarie durante la navigazione; suppellettile da cucina per la preparazione dei pasti a bordo e lucerne per l’illuminazione. Non mancano ritrovamenti anche di armi pesanti, come elmi, spade, lance ed armi da lancio come proiettili e ghiande-missili.
Tali armi potevano essere di pertinenza degli stessi marinai o addirittura dei soldati che spesso erano imbarcati sulla nave, per difendere il prezioso carico di merci dagli attacchi dei pirati.
L’elmo, qui presentato, essendo stato per lungo tempo sotto l’azione degli agenti marini è ricoperto da concrezioni malacologiche. Il copricapo, è a calotta emisferica liscia, ed è sormontato da un bottone troncoconico (apex) decorato con incisioni. In corrispondenza delle zone temporali, sono fissate le cerniere che sostengono le paragnatidi mobili (bucculae), andate perdute, la cui ampiezza e forma anatomica, permettevano di proteggere guance, zigomi e mento. Si tratta di elmo in bronzo laminato definito “Montefortino”, (dal nome della necropoli marchigiana che ne ha restituito alcuni esemplari) che venne introdotto, nelle legioni romane, a partire dal IV secolo a.C. fino al II secolo a.C.
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