Immorale, scorretto e… divertentissimo
Ci sono motivi, ottimi, per non acquistare, per non leggere questo libro: è offensivo; è immorale; non è serio; è cattivo, sarcastico fino alla trivialità, feroce; è impopolare; è addirittura – se non bastasse ancora – “politicamente scorretto”. E poi può creare nemici, oltre che far venire le rughe. E vi spieghiamo anche perché.
È offensivo, poiché riferisce molto – se pur attraverso miraggi scherzosi soffusi di ironica malinconia, e schizzi frettolosi, o più compiuti studi – a proposito degli enigmi della condizione umana: parla degli uomini (e delle donne, va da sé). Ne dice parecchio, di gente reale, esistente. Come potrebbero non offendersi, in molti?
È immorale, per il motivo che mostra “vergogne”. La cosa peggiore è che lo fa in modo divertente, tanto divertente che, alla fine, si ha la sensazione che molte pagine restino appiccicate addosso.
Non è serio, di certo, visto che non può soddisfare il gusto del lettore superficiale.
È cattivo, sarcastico fino alla trivialità, feroce: rompe le ossa, distrugge le cose e la lingua persino, mediante suoni e colori che suggeriscono, insinuanti, l’inquietudine metafisica, nostalgie (intessute d’affetti), l’invettiva becera e (serpeggiante tra le pagine), la tristezza. Nascosta tra bordate di virtuosismo. Una tristezza vastissima, interminabile, ardente.
È impopolare: non è sufficientemente mediocre e non possiede l’efficacia sicura dei luoghi comuni che affratellano, confortano, rassicurano. Piuttosto confonde, turba, essendo questo libro, anche lui, un “diverso” – può creare nemici, per lo stesso motivo.
È scorretto: costringe il lettore a vedere le cose da un punto di vista che non avrebbe scelto da solo, in autonomia e libertà.
Fa venire le rughe, infine, giacché molto fa sorridere.
E ridere.
Dentro, soprattutto.