Muore un bambino di 9 mesi in Liguria, nella notte tra mercoledì e giovedì. Il corpicino senza vita non è ancora stato trovato; la madre confessa: «sono stata io».
È arrivata una settimana fa a Bordighera, Natalia Sotnikova. Moscovita, di 40 anni, alloggerà in un hotel di lusso della riviera con un amico e suo figlio, di nove mesi.
Una storia quella di Natalia, che ha dell’incredibile. Forse proprio perché ha confessato. Ma che cosa è successo?
Erano le 2 di notte di mercoledì quando Natalia decide improvvisamente di uscire dal Grand Hotel del Mare e di percorrere i 15 chilometri che la separano dalla spiaggia di Sanremo con il piccolo Semyon nel sedile anteriore della sua BMW presa a noleggio. Per tornare solo 2 ore più tardi senza di lui.
Natalia ha affogato il suo bambino al largo della costa. Ha nuotato tenendolo stretto e poi lo ha lasciato andare: «era malato come mia madre», ha dichiarato solo dopo agli inquirenti che l’hanno portata al carcere femminile di Imperia. Ma per ora, del piccolo non c’è nessuna traccia.
Le telecamere di sorveglianza del lussuoso hotel confermano la storia della turista, una moscovita in vacanza con un amico da all’incirca una settimana. Amico che si è accorto della scomparsa del bimbo solo in mattinata; quando Natalia gli disse di averlo gettato in mare, chiamò subito i Carabinieri.
Inizialmente, Natalia confessò alle Autorità di aver lasciato suo figlio sugli scogli, un bambino di appena nove mesi. Soltanto tempo dopo dichiarò di averlo gettato in mare, al largo, nuotando con lui in un marsupio. La storia è arrivata a galla lentamente durante la notte, con dettagli sempre più vividi e confusi.
Credeva che Semyon fosse schizofrenico. Ora i sommozzatori cercano nei pressi di Cala degli Orsi, in località Bussana, assieme ai Vigili del Fuoco. Allertate anche le Forze dell’Ordine francesi, dato che a pochi chilometri si trova Ventimiglia e dunque in un attimo il confine.
Ma è davvero tutta qui la storia? E se il piccolo Semyon fosse entrato a far parte di un giro di adozioni in nero? Se la stessa Natalia fosse entrata nel racket, magari dei donatori di organi o della prostituzione? Allora quel gesto sconsiderato prenderebbe un’altra piega.
Si dice che Natalia sia stata la moglie di uno dei notabili della ex Unione Sovietica e che da lui avrebbe avuto Semyon.
Per ora, non sono ancora chiari altri dettagli sulla sua vita ma sulla storia potrebbe aver fatto capolino l’ombra della depressione post-partum.
Da alcuni messaggi agli amici, Natalia dichiara di essere stanca, di aver bisogno di una vacanza. Una vacanza che da Mosca la porta in Germania e poi in Italia, Liguria, al confine con la Francia.
La depressione post-partum colpisce un numero consistente di donne nel mondo; è una condizione subdola, difficile da identificare ma che si sviluppa in una serie di sintomi piuttosto evidenti anche se facili a ignorare: come stanchezza, sconforto, irritabilità; scattare per un nonnulla, magari contro il proprio partner, può essere indice di depressione post-parto.
Non se ne conoscono ancora le cause, ma potrebbe avere a che fare con un cambiamento nei ruoli e negli equilibri. La madre, con il cui figlio condivide un legame invisibile e dolcissimo prima della nascita, improvvisamente viene assalita da una serie di doveri, scadenze, pressioni che non si aspettava le sarebbero piombati addosso o che non pensava sarebbero arrivati così, con questa prepotenza.
Ora Natalia è tenuta sotto osservazione alla casa circondariale di Pontedecimo in attesa della convalida del fermo; su di lei pende l’accusa di omicidio aggravato dal legame di parentela.
Autore | Enrica Bartalotta