In queste ore si parla del comportamento dei giornalisti nel ‘caso’ Loris Stival, il bambino trovato morto a Scoglitti, in provincia di Ragusa. Le critiche si sprecano e, in parte, sono condivisibili. Chi scrive ha firmato un’intervista al Sindaco di Santa Croce Camerina – il Comune dove risiedeva il bambino – Francesca Iurato, che per prima, a due giorni dal ritrovamento del cadavere del piccolo Loris, ha parlato di ‘Grande Fratello’, citando il celebre romanzo di Orwell, “1984”. Si riferiva, il Sindaco di Santa Croce Camerina, alla morbosità con la quale i giornalisti hanno cinto d’assedio il suo paese.
Il Sindaco del piccolo centro della provincia di Ragusa ha ragione. Però andrebbe aggiunto che i giornalisti non sono lì per il loro piacere, ma spinti dai loro giornali e dalle tv per i quali e per le quali, rispettivamente, lavorano. Sono lì, insomma, perché gli editori, oggi, chiedono questo: la spettacolarizzazione del dolore. Il problema, in molti casi, non riguarda solo i giornalisti che sono costretti a stare in questo modo sulla notizia, ma riguarda, anche, chi gli impone queste scelte.
Tuttavia, le critiche vanno accettate. Fanno parte del mestiere. Le stesse critiche, però, chissà perché, non le leggiamo su esponenti di altre categorie. Prendiamo come esempio i magistrati. Non tutti i magistrati, per carità. Solo che – come ora proveremo a illustrare – il comportamento, non esattamente elegante, di alcuni magistrati coinvolge tutta la categoria, dal momento che i loro atti passano dal vaglio del Csm, sigla che sta per Consiglio superiore della magistratura, organi di autogoverno dei magistrati.
Ci riferiamo, in particolare, a due esempi. Il primo esempio riguarda la dottoressa Vania Contraffatto, il secondo riguarda Alfonso Sabella. Sono entrambi magistrati. E tutt’e due sono finiti a svolgere il ruolo di assessore. La prima, la dottoressa Vania Contraffatto, nella Giunta regionale siciliana di Rosario Crocetta. Il secondo, Alfonso Sabella, nella Giunta comunale di Roma di Ignazio Marino.
Da notare che, entrambi, hanno scelto momenti molto particolari per entrare a far parte del Governo regionale siciliano e della Giunta comunale romana. Vania Contraffatto, in Sicilia, entra in Giunta mentre è in corso una delicatissima indagine della magistratura sulle discariche siciliane. E di che branca dell’Amministrazione si va ad occupare? Dell’assessorato all’Energia, ai Rifiuti e all’Acqua. E arriva lì qualche mese dopo che un suo collega – Nicolò Marino, magistrato anche lui – è stato messo fuori dalla Giunta regionale di Rosario Crocetta dove si occupava, guarda caso, di rifiuti.
Alfonso Sabella accetta di andare a svolgere il ruolo di assessore comunale a Roma proprio quando la Procura della Repubblica della Capitale italiana sta conducendo un’inchiesta non meno delicata su Roma e sulla presenza della mafia in questa città. E di cosa si andrà ad occupare il dottore Sabella? Di ‘trasparenza’ amministrativa, guarda caso quella che è mancata a Roma.
Ci chiediamo e chiediamo: tutto questo è normale? A nostro modesto avviso, no. Abbiamo registrato una coraggiosa dichiarazione del procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, l’aggiunto Leonardo Agueci, che, giustamente, ha stigmatizzato il comportamento della dottoressa Contraffatto. Dopo di che, il silenzio.
Questi sono i fatti. Bene. Non siamo interessati al radioso futuro dei magistrati che entrano in politica. Ma vogliamo porre qualche domanda ai componenti togati e laici del Consiglio superiore della magistratura: i magistrati sono o no ‘terzi’ rispetto al potere politico? E che cosa significa essere ‘terzi’? Entrare a far parte di amministrazioni pubbliche mentre sono in corso indagini della magistratura che riguardano anche aspetti legati alla gestione della cosa pubblica? E’ così che si difende l’indipendenza della magistratura?
Giulio Ambrosetti