La pasticceria siciliana dei conventi è in grado di regalare vere e proprie chicche. Da secoli, dentro questi luoghi storici, le monache preparano antiche ricette, mantenendo invariate le ricette. Si tratta di un modo per tramandare la tradizione e fare sopravvivere i sapori di una volta. Tra i prodotti più famosi ci sono, senza ombra di dubbio, i Mandorlati del Gattopardo. Sono anche chiamati Biscotti Ricci: si tratta di dolcetti a base di mandorla, croccanti fuori e morbidi dentro. Sono diventati celebri grazie al celebre romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e ancora oggi vengono preparati seguendo la ricetta originale. Scopriamoli insieme.
Per raccontare la storia dei Mandorlati, bisogna andare indietro nel tempo, al 1600. A quel tempo venivano preparati nel convento di Palma di Montechiaro, in occasione delle visite del Duca Santo (Giulio I, duca di Palma e barone di Montechiaro). Sono delicati e profumati. L’ingrediente principale di questi biscotti ricci siciliani sono mandorle Girgenti-Palma, un insieme di varietà presenti nel territorio compreso tra Palma e Agrigento. Le mandorle vengono tritate in uno strumento appositamente creato da un artigiano per le suore del monastero. Ancora oggi, le monache benedettine del monastero di clausura del SS. Rosario usano la ricetta del tempo del Principe di Salina. E non è finita qui.
Per conoscere meglio i Ricci, riportiamo ciò che si legge ne Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. «Il monastero di Santo Spirito era soggetto ad una rigida regola di clausura e l’ingresso ne era severamente vietato agli uomini. Appunto per questo il Principe era particolarmente lieto di visitarlo, perché per lui, discendente diretto della fondatrice, la esclusione non vigeva, e di questo suo privilegio, che divideva soltanto con il Re di Napoli, era geloso e infantilmente fiero. (…) gli piacevano i mandorlati che le monache confezionavano su ricette centenarie». Vediamo, dunque, come si fanno i Mandorlati.
Ingredienti
Procedimento
Buon appetito!