Il Mantello di Re Ruggero è un manufatto davvero unico nel suo genere. La seta giunse in Italia dalla Grecia e dal Medio Oriente e nel sud del nostro Paese fiorì una grande arte in tal senso. In Sicilia il baco da seta era già stato importato dai bizantini e la produzione tessile era notevole. Le stoffe siciliane erano ricchi di motivi che le legavano alla tradizione bizantina e araba. Sotto il regno normanno di Ruggero II d’Altavilla furono fatti arrivare sull’isola tintori e tessitori greci, affinché lavorassero nelle manifatture reali.
Nella sua “Storia della Sicilia“, risalente a prima del 1190, Ugo Falcando ha scritto: «Né conviene tacere delle nobili officine attigue al Palazzo, ove il filo serico colorito in matasse di vario colore viene poi impiegato nelle molteplici specie del tessere. Vi puoi infatti vedere come vengono eseguite con minor perizia e minor costo amita, dimita e trimita; ma anche le examita, che richiedono un maggior impiego di materia prima. Il diarhodon riverbera nel viso il fulgore del fuoco. Il diapiston, di color verdolino, blandisce gli occhi di chi guarda con la sua grata apparenza. Qui si producono gli exarentasmata, resi insigni dalla varietà dei cerchi, che richiedono agli artefici una maggiore industria e un più largo impiego di materiali, e che perciò meritano un maggior prezzo. Vi si vedono ancora molte altre cose di vario colore e ornati di vario genere, in cui l’oro si intesse con la seta, e la varietà di pitture multiformi viene posta in risalto da gemme lucenti; le perle vengono raccolte dentro ciste d’oro, o perforate e connesse con l’esile filo. L’elegante arte nel disporle accresce la bellezza dell’opera dipinta».
Una delle testimonianze più preziose dell’arte della filatura della seta arriva proprio da Palermo. Si tratta del cosiddetto Mantello dell’Incoronazione, chiamato così poiché veniva usato dagli imperatori del Sacro Romano Impero per la cerimonia dell’incoronazione. Per questo motivo è finito nel tesoro degli Asburgo ed è oggi conservato nella Weltliche Schatzkammer della Hofburg (camera del tesoro imperiale di Vienna). Si tratta di un manufatto straordinario, di forma semicircolare. Le dimensioni sono di circa 146 centimetri di altezza, con un’apertura che raggiunge i 345 centimetri di diametro. È in seta rossa: questo colore è stato ottenuto dal “chermes” (un colore estratto dal corpo essiccato della cocciniglia). È ricamato con filo d’oro, smalto e perle.
Al centro c’è una palma in oro stilizzato, che rappresenta l’albero della vita con sette rami, dividendo in due il mantello. Su ogni lato ci sono due leoni che sovrastano due cammelli, per rappresentare la potenza sugli arabi da parte dei normanni. Nel bordo inferiore vi è una scritta in caratteri cufici: da questa risulta che venne eseguito nell’anno 528 dell’Egira (circa 1133/1134 d.C.). L’iscrizione dedicata al Re Ruggero II recita: “Lavoro eseguito nella fiorente officina reale, con felicità e onore, impegno e perfezione, possanza ed efficienza, gradimento e buona sorte, generosità e sublimità, gloria e bellezza, compimento di desideri e speranze, giorni e notti propizie, senza cessazione ne rimozione, con onore e cura, vigilanza e difesa, prosperità e integrità, trionfo e capacità, nella Capitale di Sicilia, l’anno 528″.
Il mantello è in un tessuto chiamato diaspro. Nel diaspro il fondo è in tessuto semplice, mentre il motivo decorativo è realizzato con una trama pesante, in modo che le immagini siano a rilievo. Le fodere erano, probabilmente, tre. Il mantello non può essere servito per l’incoronazione di Ruggero II, ma è probabile che Ruggero II se ne servisse per udienze o per incontrare ospiti particolari.
Il Mantello dell’Incoronazione, come altri oggetti preziosi, fu asportato dal tesoro reale di Palermo da Enrico VI, marito di Costanza d’Altavilla e padre di Federico II, dopo che, nel 1194, prese possesso, con la forza e con l’inganno dei domini normanni. Fece, infatti, parte dei beni che oltre un centinaio di muli portarono dalla Sicilia a Norimberga (Germania) quasi si trattasse di un vero e proprio bottino di guerra.