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Una donna energica e brillante, innamorata della sua isola ma senza facili sentimentalismi.
Ha alle spalle tanto impegno e tanta tenacia, che le hanno fatto guadagnare gli strumenti giusti per cogliere punti di forza e di debolezza della Sicilia, valutare le criticità sulle quali intervenire, scorgere le opportunità per il futuro.
Marcella Cannariato, imprenditrice palermitana e fondatrice nel 2007 di A&C Broker, azienda di punta nel campo del brokeraggio assicurativo nazionale, nel 2019 è stata inserita fra le 100 donne leader italiane (unica siciliana) da Forbes, la rivista di economia e finanza più diffusa al mondo.
Nel marzo 2022 è stata nominata tra le componenti del Comitato Impresa Donna presso il Mise, oggi ministero delle Imprese e del Made in Italy.
A&C Broker, è stata, cinque anni fa, l’azienda che ha depositato il marchio “Primo broker etico d’Italia”: una parte del fatturato proveniente dall’attività imprenditoriale viene impiegato per sostenere attività sociali, specialmente a favore delle donne.
Non solo business dunque ma anche diritti, in particolar modo quelli delle donne: Cannariato, infatti, è anche la referente Sicilia della Fondazione Marisa Bellisario.
Nella sua azienda lavorano molte donne. Marcella Cannariato è un fiume in piena di idee, propositi e proposte.
Ha creato una rete di donne che mettono in campo la loro esperienza per ridurre il gender gap.
Porta avanti progetti sul lavoro e l’imprenditoria, le politiche di welfare e il contrasto alla violenza di genere.
Le abbiamo chiesto di parlarci della attuale condizione femminile e dalla chiacchierata sono emersi interessanti spunti di riflessione, soprattutto sulla Sicilia. Ecco come ha risposto alle nostre domande.

Lei è una donna che è riuscita ad affermarsi. Grazie a quali caratteristiche? Come si definirebbe?

“Sono determinata, determinata e ancora determinata. La determinazione è l’unico modo per andare avanti. Bisogna sapere dove si vuole arrivare. E gli obiettivi si raggiungono studiando e formandosi continuamente. Non si può pensare che dal cielo piova qualcosa per noi. Solo attraverso studio e formazione si ottengono risultati”.

E’ stata anche consulente della ex ministra per le Pari opportunità e la Famiglia Elena Bonetti. Cosa ricorda di quel periodo?

“Quel periodo mi ha lasciato tante cose. Mi sono confrontata con piccoli e grandi imprenditori e con le donne. Ho compreso meglio che le micro e medie imprese, e tantissime sono guidate da donne, sono il fulcro dell’Italia.
E ho constatato che esistono purtroppo due ‘Italie’: una che va dal Sud a Roma, e poi una oltre Roma.
Chi ci governa dovrebbe capire che salvando il Sud si salva l’Italia intera. Molti insediamenti industriali sono cattedrali nel deserto, perché attorno hanno il nulla.
Sempre in tema di Sud ritengo che chi ci amministra dovrebbe agire per fare in modo che restare al Sud sia utile e vantaggioso. Al momento, per un imprenditore, restare al Sud è un vero atto d’amore, perché al Sud è tutto più difficile”.

Per quali motivi a suo avviso?

“Posso parlare della situazione della Sicilia. Non abbiamo infrastrutture all’altezza di altre regioni, strade o ferrovie adeguate. Attraversiamo ancora lo Stretto di Messina impiegando ore su navi obsolete. Quando ero bambina, e sono trascorsi molti anni, sentivo già parlare del ponte sullo Stretto. Ancora non è stato realizzato, al momento sono solo promesse”.

Ma esiste una ‘ricetta’ per favorire lo sviluppo di un territorio?

“Ne esistono molte. Pensiamo al turismo. Ebbene, in Sicilia, la realtà che conosco meglio, non è ancora un volano di sviluppo economico, soprattutto nella parte occidentale dell’isola.
Si è puntato molto sul turismo che io definisco “da ciabatta”, cioè quello delle navi da crociera, e che non ci serve. I crocieristi spendono il loro denaro a bordo delle navi, si fermano nelle nostre città solo per un breve giro e al limite acquistano qualche souvenir.
Dobbiamo puntare sul turismo qualificato, portare i viaggiatori nei nostri meravigliosi siti archeologici, come Selinunte e Segesta. Nel nostro modo di fare turismo c’è qualcosa che non va.
Basti pensare che la città spagnola di Barcellona, in termini di turismo, fa quattro volte in più della Sicilia solo attraverso Gaudì.
Sono ottimista tuttavia, ho incontrato recentemente l’assessore regionale al Turismo, Sport e Spettacolo, Elvira Amata. E’ una donna che vuole fare. E c’è tanto da fare. Come investire sui grandi eventi, creando sinergie tra pubblico e privato. Parlo di eventi sportivi, del turismo congressuale, evitando di disperdere risorse preziose in piccole sagre o concerti di paese.
Come si fanno i grandi eventi? Innanzitutto partendo dalle strutture. A Palermo, solo per fare un altro esempio, la piscina comunale è spesso chiusa per mancanza di manutenzione, e questo è gravissimo”.

Parliamo di donne. Quali sfide devono attualmente affrontare?

“Innanzitutto la rivoluzione 4.0 per la quale noi donne siamo impreparate.
I dati statistici ci dicono che noi donne prendiamo il diploma con voti migliori rispetto agli uomini.
Poi andiamo all’università e scegliamo di studiare Medicina, Scienze storiche, Lettere, Comunicazione. Poche di noi scelgono Ingegneria o Economia o comunque le discipline Stem, cioè scientifico-tecnologiche. Le donne che si laureano o che frequentano master dopo la laurea sono più degli uomini. Insomma, fanno un percorso anche complicato ma poi si fermano. Cioè non lavorano.
Non posso pensare che non abbiano curricula adatti, è impossibile che non ci siano donne valide o preparate quanto o più degli uomini. E le aziende partecipate e/o quotate in borsa nel non inserire le donne nei consigli di amministrazione disattendono la legge 120 del 2011, detta anche legge Golfo, per interessi di ‘gioco a scacchi’.
Forse dimentichiamo che dalla pandemia in poi sono state proprio le donne over 50 a rimboccarsi le maniche per reinventarsi”.

Quali le soluzioni?

“Iniziare a pensare che le donne devono occuparsi anche della famiglia. Nella mia azienda il lavoro da casa lo abbiamo sempre applicato. Siamo la prima azienda in Sicilia ad aver ottenuto dal Winning Women Institute (società che promuove la gender equality certificandola nelle aziende, ndr) la certificazione della parità di genere, prima ancora delle linee guida entrate in vigore nel marzo del 2022. Si tratta della prassi UNI PdR 125:22 che definisce proprio le linee guida sul Sistema di Gestione per la parità di genere che prevede la strutturazione e adozione di un insieme di indicatori prestazionali inerenti alle politiche di parità di genere nelle organizzazioni e nelle aziende”.

Parità di genere: è difficile non cadere nella solita retorica…Come si raggiunge?

“Sì, è difficile ma ci sono dati che parlano da soli. Faccio ancora qualche esempio. Nell’entroterra siciliano il 50% delle donne non ha un conto corrente personale. I beni della famiglia vengono gestiti dal marito. Un bambino su 10 ha oltrepassato la soglia della povertà. C’è poco da commentare. Torniamo alle donne che si laureano in Medicina: solo l’1% occupa attualmente posizioni di rilievo. Tutto questo dà l’idea della subcultura che regna ancora sovrana in Sicilia.
Io viaggio molto e incontro molte donne. Lo Stato deve intervenire con politiche adeguate.
E poi dico che bisogna sperare, avere cuore e permettere alle donne di vivere la maternità senza rinunciare al lavoro. Ma non solo: una buona politica deve liberare i giovani dall’incubo del precariato. La scuola e l’università devono diventare luoghi essenziali di formazione.
Chi non ha cultura o ignora rischia di dipendere dal malaffare, o seguire percorsi sbagliati.
Bisogna investire in cultura, formazione e innovazione. Un paese che non lo fa non è un paese libero”.

Con lei lavorano molte donne. Quali consigli dà a loro?

“Ho scelto di circondarmi di donne. A tutte consiglio di vivere appieno la vita, trovare il proprio equilibrio, aspirare al meglio per i nostri figli, conciliare famiglia e lavoro. Il lavoro è strumento di riscatto e le donne devono lavorare affinché le famiglie affrontino meglio la vita di tutti i giorni, dal punto di vista sociale ed economico.
Ma le famiglie hanno bisogno di supporto da parte delle istituzioni, ad esempio con asili nido gratuiti e scuole aperte tutto l’anno.
Adesso ci sono troppe donne a casa e culle sempre più vuote. Le coppie hanno paura di mettere al mondo dei figli, si preoccupano per il futuro, si chiedono come mantenere economicamente un figlio. Nessuno aiuta le donne a invertire questa tendenza.
Poi sentiamo parlare di fenomeni come l’utero in affitto. Io, è non è una questione di credo religioso, anche perché ritengo che lo Stato debba essere laico, sono contraria. E’ come accettare che i figli diventino prerogativa solo delle persone più abbienti. Non mi piace questa visione”.

Non sono necessarie solo politiche di welfare ma anche azioni incisive di contrasto alla violenza di genere. Cosa sta accadendo in Italia? Siamo ancora tutti profondamente turbati dall’omicidio di Giulia Tramontano…

“E’ accaduto qualcosa di terribile e orribile. Io lo reputo un duplice omicidio, al suo bambino mancavano appena due mesi per nascere. Bisogna fare una rivoluzione antropologica e culturale.
Antropologica per far comprendere che le donne hanno il loro ruolo nella società, e culturale perché il femminicidio è diventato un problema anche degli uomini, i quali non sono più in grado di gestire relazioni sane con le donne. Non dimentichiamo che le donne subiscono anche violenze psicologiche e forme di prevaricazione più subdole, come la violenza economica, ne parla la Convenzione di Istanbul.
C’è tutto un lavoro da fare con chi raccoglie la denuncia di una donna. Bisogna capire che spesso un violento litigio non è un episodio isolato ma l’anticamera del femminicidio.
Bisogna prevedere la misura del braccialetto elettronico per tutti gli uomini violenti o che minacciano, anche una sola volta, una donna.
E poi aiutare le donne che denunciano a ricominciare con una nuova vita”.

Quale è la sua visione di futuro in tema di donne?

“Alcuni dati dicono che tra 100 anni ci sarà uguaglianza tra uomini e donne. Prima o poi la raggiungeremo ma le donne devono continuare a studiare e a lavorare. Con più donne e più lavoratrici la società cambierà in meglio. C’è una evoluzione in corso, ma è un processo lento, non immediato. Serve una rivoluzione di pensiero che deve riguardare tutti. Sfruttamento, disparità e femminicidio sono segnali di una pericolosa subcultura. E se ne deve parlare nelle scuole e alle donne, per sostenerle ad affrontare il futuro.
Non soltanto. Consideri che tra 10 anni molti dei lavori che facciamo oggi non esisteranno più.
Io ho già da tempo cominciato a formare le donne che lavorano con me affinché possano fare altri percorsi, imparino lavori diversi per intraprendere nuove strade. Anche questa è una forma di rivoluzione.
Sto lavorando per portare a Palermo 300 donne da tutto il Mediterraneo ma non solo.
Sono imprenditrici e professioniste che il 6 ottobre 2023 prenderanno parte a un evento della Fondazione Bellisario dal titolo “Donne, economia e potere”. Parteciperanno tante relatrici di rilievo, metteremo a confronto le nostre esperienze. Creeremo un parterre di donne capaci di comunicare cosa vogliono fare proprio per le donne in una prospettiva internazionale”.

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