Formatosi nell’ultimo periodo dell’Era Mesozoica, questo particolare tipo di pietra ornamentale, caratterizzato da un’eccezionale resistenza agli urti, è composto da un fondo in color avorio chiaro, presenta macchie bianche di calcite che le conferiscono un vago riflesso perlato, e da striature in marrone scuro e meno scuro. Le venature giallo-brunastre derivano dalla concentrazione di minerali argillosi e ossidi di ferro nella struttura porosa della calcare, mentre le aree più scure, di colore marroni sono dovute alla presenza di microfossili rimasti imprigionati nel marmo.
La sua estrazione attiene principalmente al bacino marmifero di Custonaci, secondo più importante d’Italia; nella zona piccola zona di tre km2 tra Monte Cofano e Monte Sparagio, si contano infatti ben 200 cave.
Denominato anche Botticino di Sicilia, questa roccia calcarea è molto richiesta in tutto il mondo, soprattutto nella Penisola Arabica, dove viene usato soprattutto per pavimentare e rivestire ambienti privati interni ma anche edifici pubblici di lusso. Sono quasi 60 milioni di euro i proventi giunti annualmente alla Regione, per l’esportazione di pietra marmorea locale; la sola zona di Trapani rappresenta il 15% della produzione nazionale e l'85% dell'intera produzione regionale.
Per le sue caratteristiche qualitative tecniche ed estetiche, il Perlato viene spesso utilizzato come pietra calcarea per arredamenti urbani ed esterni; in minime quantità è presente infatti presso la Basilica di San Pietro di Città del Vaticano, e presso le strutture della nuova Stazione Centrale di Milano.
Altri marmi siciliani pregiati sono il Rosso di Piana dei Greci (o degli Albanesi), dai toni cromatici del bianco e del rosa, fino ad arrivare a quelli più intensi del vero e proprio rosso; spesso definito con il nome di rosso ‘montecitorio’, in quanto utilizzato per realizzare le colonne del Palazzo che ospita la Camera dei Deputati. E poi ancora, forti della tradizione estrattiva siciliana, sono anche il Grigio di Billiemi, sito nella zona dell’omonimo monte, presso la catena dei Monti di Palermo e, naturalmente, la pietra lavica dell’Etna.
Della famiglia dei marmi siciliani fa parte anche il Perlatino di Sicilia, figlio del Perlato, presenta un fondo dalle tonalità più tenui con chiazze in pura calcite. Estratto sempre presso le cave di Custonaci, è adatto sia alla costruzione che al rivestimento di interni ed esterni. Le venature dal bianco all’arancio e sono accompagnate da macchioline marroni, resti di piccole conchiglie fossili.
A esso si aggiungono il Cremino e il Cremino Nuvolato di Sicilia. Entrambi utilizzati ampiamente nell’edilizia, anche a scopo decorativo, sono caratterizzati da colore beige chiaro a chiazze bianche; il Cremino in particolare, è arricchito da venature più scure di colore arancio, che lo rendono un materiale ornamentale di grande pregio.
L’attività estrattiva del marmo in Italia, risale al I secolo a.C., con lo sfruttamento delle Alpi Apuane, da parte dei primi cavatori locali, schiavi e cristiani; un’area questa, che rappresenta il primo bacino di produzione del caratteristico marmo bianco, il più esportato al mondo. Nel 2009 risultavano ancora attive più di 400 cave solo nella regione Toscana.
Furono i Romani a introdurre il primo tipo di tecnica sofisticata definito a ‘formella’: si praticava una profonda scanalatura nel marmo nella quale s’incuneavano poi gli strumenti in ferro che, percossi in maniera continuativa, causavano il distacco della pietra prescelta, dal blocco di marmo. Ma fu solo con l’Ottocento che vennero apportate le prime vere rivoluzioni tecnologiche alla lavorazione estrattiva, con le invenzioni del filo elicoidale e della puleggia penetrante.
Autore | Enrica Bartalotta