Sulla vetta del Monte Bonifato c’è un luogo di culto molto caro agli abitanti di Alcamo. Quel luogo è il Santuario di Maria Santissima dell’Alto. Leggenda narra che, nel XVI secolo, un’antica icona della Madonna, di epoca precedente e poi scomparsa, venne rinvenuta sul monte. Era quasi dipinta al suolo e interrata tra le mura del castello. Poiché un devoto voleva che si alzasse dal terreno, iniziò a pregare la Vergine, affinché si sollevasse quel tanto che bastava per poter costruire un altare. Il giorno seguente l’immagine sacra era all’altezza desiderata e venne subito costruito l’altare.
La prima testimonianza scritta in cui si parla di una chiesa sul Monte Bonifato risale al 1558. Sarebbe stata fondata da tre frati carmelitani. Dopo la scoperta dell’icona miracolosa, il monte iniziò a essere meta di pellegrinaggi da parte dei fedeli. Furono loro ad aiutare i frati a costruire nello stesso luogo del rinvenimento, l’edificio sacro. La Maronna di l’Avutu è diventato cuore del culto di Alcamo, cittadina in provincia di Trapani. La chiesa, restaurata l’ultima volta nel 1930, è a navata unica e con tre altari: l’altare maggiore, l’altare di san Giuseppe e quello del Santissimo Crocifisso.
Lungo la via sacra dei pellegrinaggi erano collocate 14 figurelle, delle stazioni-edicole della Via Crucis: durante questo tragitto i fedeli recitavano il rosario. Queste “figurelle” furono posizionate nel 1703; qualche anno fa l’Amministrazione della Congregazione ne ha fatto realizzare delle nuove in legno. In passato, lungo le strade di Alcamo, soprattutto nella via Santissimo Salvatore e nella piazzetta Trinità, venivano allestiti degli altarini, e la sera si cantavano le litanie alla Madonna. Alla Maronna di l’Avutu è dedicata una poesia di Giuseppe Lodato. Proprio oggi, festa della natività di Maria, abbiamo pensato di riportare il componimento in lingua siciliana. Foto di Carlo Cataldo – Pubblico dominio.
Tra acchianàti rusàri e prièri,
tutta Àrcamu acchiàna a l’appèri.
Nun vìrinu l’ura d’arrivàri ntà ‘na chisièdda,
unni c’è ‘nà Marunnuzza pròpriu bedda.
Lu figghicèddu ‘mbrazza teni,
‘naiùtu di l’arcamìsi sempri veni.
Ntà lu puntu cchiù àvutu di lu paìsi,
la Marònna e lu Bamminèddu foru misi.
Prutèggi lu pòviru, lu malàtu e lu bisugnùsu,
cu s’arrivùrgi a Idda unn’arrèsta dilùsu.
Di l’Àvutu Marunnùzza vinìti chiamàta,
Àrcamu di Tia è ‘nnamuràta.
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