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Forse non molti sanno che in Sicilia era presente una popolosa comunità ebraica, fin da tempi immemori. Il 18 giugno 1492, poco prima della scoperta delle Americhe, il re Ferdinando il Cattolico decise di cacciare tutti gli ebrei dalle terre di Sicilia, senza sapere che avrebbe provocato un pericoloso quanto consistente sbilanciamento nell’economia non solo dell’Isola, ma anche del Regno di Spagna.

Gli ebrei infatti, come da tradizione, avevano in mano anche in Sicilia la maggior parte delle attività commerciali; ma non erano solo banchieri e usurai, mestieri che sicuramente gli avevano portati ad inimicarsi non pochi cattolici, erano infatti anche conciatori di pelli, operai specializzati, e medici.

La cacciata degli Ebrei dall’Isola fu dovuta ad un contenzioso: coloro i quali seguivano la religione ebraica infatti, sostennero i Mori nella guerra perpetrata in Spagna contro i Cattolici; questo perché i musulmani si erano da sempre dimostrati più tolleranti con il popolo ebreo.
E fu così, che una volta conquistata Granada e infine il resto della Spagna, re Ferdinando decise di cacciare tutti gli ebrei dal Regno, anche di Sicilia: chiunque facesse parte dell’entità giudaica, a partire dall’estate 1492 sarebbe stato ucciso, a meno che dopo 3 mesi dall’editto, non decidesse di lasciare la Sicilia, e dietro di sé i suoi beni e le sue attività, o, restando, di convertirsi al Cattolicesimo.

Purtroppo, non si conoscono gli esatti numeri della strage che ne seguì, quello però che si sa sono le conseguenze sul tessuto economico e urbano della Sicilia.
Una nutrita comunità giudaica era infatti presente a Palermo, a Siracusa, dove l’isola di Ortigia ne rappresentava il ghetto. Discorso simile anche a Messina, dove gli Ebrei erano soprattutto medici. Ma le cose si misero male anche per le cittadine più piccole e nei territori apparentemente meno esposti alla furia dell’Inquisizione, che per tutto il Cinquecento e fino a metà del Settecento, si adoperò per scoprire e condannare tutti gli Ebrei non convertiti che in segreto professavano gli usi, i costumi, i riti dell’entità e della religione ebraica.

Una vera e propria diaspora, che ebbe il suo culmine in un evento che coinvolse gli Ebrei della città di Modica: era il 1478 e per alcuni storici vennero uccise fino a 400 persone.
l’Ebraismo stava facendo molti proseliti tra i Cristiani, e questo non piaceva alle alte Autorità ecclesiali del noto Tribunale Spagnolo. Inizialmente infatti, persino lo Stato Pontificio prese le parti dei Giudei, che vennero accolti a frotte nella città di Roma, nel periodo di sfollamento dalla Sicilia. Ancora oggi nella Capitale, sopravvive infatti il noto ghetto ebraico, in cui, tradizionalmente, era presente anche la prima sinagoga di rito siciliano.

Nella città di Palermo, tra le vie San Cristoforo, Calderai, Maqueda, Giardinaccio si trovava il quartiere in cui abitavano e commerciavano gli ebrei; la più grande sinagoga si trovava in piazza Meschita, il suo nome infatti tradisce un’origine ben precisa: la ‘meskita’ è il luogo di culto per i musulmani; gli Ebrei di Sicilia decisero di chiamare così le loro sinagoghe, per rispetto ai loro protettori Arabi.

Grande anche la giudecca di Messina, che si trovava nel rione Paraporto, tra il Duomo e il torrente Portalegni. La grande sinagoga venne edificata dove oggi è situata la chiesa di San Filippo Neri.
A Siracusa, rimangono ancora i resti di quella valorosa presenza: nelle lapidi e catacombe di Vigna Cassia e presso palazzo Bellomo, alla galleria regionale sita in via Capodieci 14, nonché presso via delle Maestranze, con ciò che rimane dell’ex sinagoga presso la giudecca. A Catania, il ricordo degli Ebrei e delle loro cacciata, sopravvive in via Gisira, dal toponimo ‘gezia’, l’imposta creata dagli Arabi e portata avanti dai Normanni.

Catania è stato un importante avamposto ebraico, come testimonia l’estensione dell’area dedicata; il quartiere principale andava dall’odierna piazza Dante a piazza del Duomo. Altri studiosi hanno poi valutato la presenza di altri agglomerati giudaici, in via Recupero, accanto all’attuale chiesa dei Santi Cosmo e Damiano, e invia Sant’Anna. Lo stesso fiume storico della città, l’Amenano, anticamente veniva chiamato, e viene ancora chiamato colloquialmente, ‘Judicello’, proprio perché passava in parte dai ghetti Susu e Jusu.

A Vizzini, vicino Catania, vi era un importante quartiere, dedicato soprattutto alle intendenze della nota ‘cunziria’, stesso discorso a Savoca, in provincia di Messina, dove gli Ebrei erano impegnati nella lavorazione dello zucchero, o a Naso, per la produzione delle maioliche, e in particolar modo in contrada Batia o Bazia, dove ancora oggi i nomi delle strade testimoniano le origini ebraiche di quel luogo; la stessa chiesa di Santa Maria della Catena era una volta una sinagoga. E sempre dalle parti di Catania, a Mineo, importanti insediamenti ebraici sono stati scoperti sotto la chiesa di Santa Agrippina; a Caltagirone, la giudecca si trovava accanto all’attuale galleria Don Sturzo, mentre a Piazza Amerina, in provincia di Enna, gli Ebrei abitavano presso il quartiere di Piano Canali.

Per non parlare poi di tutti i paesi e le città siciliane con il toponimo di ‘Aci’. Aci Catena era infatti il ghetto ebraico di Acireale, e le chiese e i luoghi di culto dedicati alla Madonna della Catena, sparsi per la Sicilia, tradiscono la loro origine giudaica. A San Fratello, comune gallo-italico della provincia di Messina, Catena è un quartiere in cui ancora oggi si celebra la “festa dei Giudei”; durante la Settimana Santa, viene infatti messa in scena una rappresentazione delle antiche manifestazioni di violenza perpetrate contro gli Ebrei per mano dei Cristiani.

A Taormina, la giudecca si trovava nei pressi di porta Catania, e la sinagoga accanto al monastero di San Domenico; nota è anche l’antica sinagoga di Savoca, che sorgeva dove ora si trova la chiesa di San Michele. Ad Agira, dalle parti di Enna, rimangono ancora visibili i resti dell’antico luogo di culto ebraico presso quello che oggi è l’oratorio di Santa Croce; da qui, nel 1987, venne traslato l’antico aron in stile gotico-catalano, rimesso a nuovo e in parte ricostruito da interventi di restauro e conservato oggi presso la chiesa del Santissimo Salvatore.

Autore | Enrica Bartalotta