Avete mai sentito il termine matapollo? Per i palermitani si tratta di un vocabolo abbastanza familiare, ma non tutti ne conoscono l’esatto significato. Ai più, questa parola, farà naturalmente pensare al pollo, ma sappiate che non ha nulla a che vedere con esso.
Il termine matapollo, infatti, ha origini indiane e si riferisce a un tipo di stoffa, che si produceva originariamente nel sobborgo di Madapel o Madapolam (oggi Narsapur”, a opera della Compagnia delle Indie Orientali.
Il tessuto, in tela leggera di cotone, si utilizzava per confezionare le lenzuola. Non era molto resistente quindi, dopo vari lavaggi e candeggi per sbiancarlo, si sfibrava: così le lenzuola si bucavano. Per i meno abbienti, questo significava rattoppi o comunque buchi sempre visibili. Così nacque l’espressione “aviri i vuriedda a matapuollo“, per indicare uno stato di contorsione delle budella derivante da disappunto, rabbia o dispiacere.
Ecco la definizione di Madapolam dell’Enciclopedia Treccani
«MADAPOLAM. – Termine generico per indicare una tela leggiera di cotone, prodotta con filati fini e poi imbiancata (v. candeggio), usata per la confezione di biancheria in genere. La sua caratteristica principale è di essere compatta e liscia con all’incirca la stessa costituzione tanto in ordito quanto in trama.
Un tipo comune, alto 80 e 90 centimetri, è formato di 32 fili al cm. in ordito e trama, del titolo 32 (titolo inglese). Il nome deriva da Madapollam, sobborgo di Narasapur (presidenza di Madras), in cui la Compagnia delle Indie Orientali possedeva una fabbrica che produceva tale tipo di tessuti.
L’Inghilterra si specializzò in questa lavorazione. Ma ora i madapolam si fabbricano dappertutto, anche tinti, più o meno pesanti, più o meno fitti. L’Italia ne è grande produttrice anche per l’esportazione».