Certi racconti, a sentirli adesso, suonano quasi nati dalla fantasia. Eppure c’è stato un tempo in cui davvero le cose andavano in questo modo. Per esempio il matrimonio in Sicilia, in passato, era legato a determinate usanze. Non tutti oggi lo ricordano, quindi abbiamo pensato di fare un piccolo tuffo nel passato. In tempi antichi era consuetudine sposarsi giovani, dimostrando di essere già maturi e di saper affrontare la vita. Molto spesso i giovanotti incontravano le ragazze alla messa domenicale quando, nonostante la presenza delle mamme, potevano lanciarsi occhiate furtive. Se allo sguardo malizioso del giovanotto, lei rispondeva con un cenno della mano, detto “taliatura“, era un “affare fatto”. Il ragazzo doveva fare il primo passo verso la famiglia di lei, chiedendo formalmente la mano della prescelta. Per non ricevere un rifiuto, la ‘mbasciatura veniva demandata ad una mezzana e, solo quando il giovanotto era certo di essere gradito, si stabiliva un incontro tra le famiglia.
I due giovani, in quell’occasione, non si parlavano, ma si guardavano da lontano. Erano i parenti a parlare. Il primo incontro era molto importante, perché si fissava la data del fidanzamento, che aveva luogo a casa di lei. Qui si recava la mamma del fidanzato, portando con sé la truscia, cioè un fagotto con un grembiulino da regalare alla promessa. La futura suocera, entrata in casa, chiamava cugina la madre della ragazza e metteva un nastro sui capelli della ragazza. Quando lei aveva indossato anche il grembiulino, si fissava la data del matrimonio. Di solito cadeva di mercoledì, giorno sacro a San Giuseppe. Mai di lunedì, che era un giorno dedicato alle anime purganti.
Nel giorno del matrimonio si svolgeva un corteo molto caratteristico, in cui due bimbe tenevano tra le mani due cuscini ricamati, sui quali si sarebbero inginocchiati gli sposi. Prima di raggiungere la chiesa, però, la sposa piangeva a dirotto, per convincere i genitori a benedirla. Dopo la cerimonia, si inondava la giovane di manciate di frumento che le smuovevano i capelli e le entravano nelle pieghe del vestito. Gli sposi tornavano a casa e prendevano come antipasto ceci tostati, vino, liquori e dolcetti tipici.
Il pranzo di nozze aveva luogo a mezzogiorno in punto e il piatto più atteso era lu zitu: grossi maccheroni immersi in un sugo di pomodoro con patate e carne. La giornata terminava con un grande ballo, che andava avanti fino alle prime ore della notte. Dopo aver ballato con lo sposo, ballava anche con gli altri invitati. Per i seguenti otto giorni doveva rimanere chiusa in casa: sarebbe uscita per recarsi a messa, accompagnata dalla famiglia.