“La mafia non è sconfitta, l’errore più grave da fare sarebbe pensare che la partita è finita, ma questo è un passaggio importante. Anche la reazione della gente è un segnale importante in una città come questa. Non c’è dubbio che lui abbia goduto di protezioni in passato, noi stiamo indagando sulle protezioni di adesso. C’è una sorta di borghesia mafiosa che certamente lo ha aiutato e su questo sono in corso le nostre indagini”.
Così Maurizio De Lucia, procuratore capo di Palermo, in conferenza stampa sulla cattura di Matteo Messina Denaro.
“Fino a ieri continuava a essere il capo della Provincia, da domani vedremo”, ha aggiunto il magistrato di Palermo Paolo Guido che ha aggiunto che “le indicazioni di salute che ci arrivano da chi lo ha operato sono compatibili con il carcere, Messina Denaro è in salute e ha un buon aspetto: sarà ovviamente curato ma in una struttura carceraria”.
Pasquale Angelosanto, comandante dei Carabinieri del Ros, ha spiegato: ” La certezza è arrivata solo stamattina. Questa mattina avevamo predisposto un servizio che è stato poi attivato quando abbiamo avuto contezza quando c’è stato l’accesso alla struttura sanitaria di quel soggetto che pensavamo potesse essere il latitante. Era ipotizzabile anche un errore nella valutazione fatta, per cui ci eravamo riservati la possibilità senza esporci di poter continuare nell’investigazione”.
Andrea Bonafede, nato a Campobello di Mazara (Trapani) il 23 ottobre del 1963. Questa la Carta di identità di Matteo Messina Denaro, alias Andrea Bonafede, il nome falso scelto nella latitanza.
Il boss era residente a pochi chilometri dalla sua città natale, Castelvetrano, a Campobello di Mazara in via Marsala 54. Di professione, si legge nella carta di identità, ‘geometra’. È alto 1,78, calvo e con gli occhi castani. Segni particolari “nessuno”. La tessera, cartacea, è stata emessa l’8 febbraio 2016 e scade il 23 ottobre del 2026.